Si pente Pradissitto: Massimiliano Moro fu ucciso dai clan Ciarelli e Di Silvio

Si pente Pradissitto: Massimiliano Moro fu ucciso dai clan Ciarelli e Di Silvio
di Vittorio Buongiorno
4 Minuti di Lettura
Venerdì 9 Luglio 2021, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 11:40

Gli agenti della Squadra Mobile di Latina, con i colleghi del Servizio Centrale Operativo, hanno dato esecuzione questa mattina ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma nei confronti di Antoniogiorgio Ciarelli, classe 1980, Ferdinando Pupetto Di Silvio, classe 1989, e Ferdinando Ciarelli, detto Maku, indagati a vario titolo per la morte di Massimiliano Moro, l'omicidio commesso a Latina più di 10 anni fa durante quella che fu definita la "Guerra criminale".

Andrea Pradissitto

Per quel delitto, la Polizia di Stato, su ordine dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, aveva già tratto in arresto, nello scorso mese di febbraio, Ferdinando Ciarelli, detto "Furt", Ferdinando Ciarelli, detto Macù, Andrea PredissittoSimone Grenga, individuati quali componenti del commando che, la sera del 25 Gennaio 2010, faceva irruzione all’interno della abitazione della vittima, uccidendo Massimiliano Moro con due colpi di pistola calibro 9x19 colpendolo al collo e alla nuca.

Massimiliano Moro

Simone Grenga, nel frattempo scarcerato per un vizio formale, è stato sottoposto nuovamente a misura cautelare. Gli arresti di questa mattina scaturiscono da nuovi approfondimenti investigativi, agevolati dal contributo offerto dalle dichiarazioni rese proprio da Andrea Prtadissitto, genero di Ferdinando Ciarelli detto Furt e di Rosaria Di Silvio (sorella di  Armando detto Lallà), il quale dallo scorso mese di aprile ha iniziato un percorso di collaborazione con la giustizia, facendo nuove rivelazioni ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

I rilievi della Scientifica dopo l'omicidio

Il collaboratore di giustizia «ha fornito - spiegano dalla questura - evidentemente con conoscenza diretta dei fatti, importanti elementi di prova sulle consorterie Rom e su alcuni fatti criminali avvenuti nella cosiddetta “Guerra Criminale”, fra i quali assume primaria importanza l’omicidio di Massimiliano Moro, in relazione al quale all’epoca non vennero accertate responsabilità per i mandanti e gli esecutori materiali del delitto». E' di questo che ha parlato Pradissitto, «con dichiarazioni auto ed etero accusatorie» chiariscono gli investigatori, specificando «come il commando che partecipò all’esecuzione dell’omicidio di Massimiliano Moro era composto oltre che da Simone Grenga e Ferdinando Ciarelli, detto Macù, anche da Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Pupetto Di Silvio, rispettivamente il fratello di Carmine Ciarelli ed il figlio di Armando Di Silvio, detto Lallà, i quali concorrevano all’esecuzione dell’omicidio in veste di palo».

 La partecipazione a questa azione di fuoco di esponenti dei due clan criminali conferma oggi agli inquirernti che all'epoca iniziò «un nuovo e più forte sodalizio fra le due famiglie Rom, che mirava riaffermare con violenza e minaccia il controllo del territorio a Latina, rispetto al tentativo di gruppi rivali di ribaltare il proprio potere».

Il collaboratore ha anche chiarito come «il suocero Ferdinando Ciarelli detto Furt, promotore ed ispiratore della linea stragista nel 2010, decideva però rinunciare ad un’immediata reazione armata e per questo non faceva parte della spedizione punitiva ordita quella notte dal gruppo criminale ai danni di Massimiliano Moro».

Le nuove risultanze investigative riscontrano dunque «il coinvolgimento nell’omicidio di Antoniogiorgio e Ferdinando Pupetto Di Silvio, alla luce di quanto emerso nel corso delle indagini condotte all’epoca, attraverso l’ausilio di intercettazioni e l’analisi di tabulati telefonici».

«Il fatto omicidiario risulta inserito in un contesto associativo di particolare gravità, contrassegnato da solidi legami di natura familiare e da un controllo serrato del territorio da parte delle famiglie Ciarelli Di Silvio - chiariscono gli inquirenti - e commesso proprio per agevolare l’associazione a delinquere nata dall’alleanza di tali famiglie Rom facente capo, da un lato, a Carmine Ciarelli e Ferdinando, quali rappresentanti della famiglia Ciarelli; e dall’altro, a Giuseppe Di Silvio detto Romolo, Carmine Di Silvio, Costantino Di Silvio e Armando Di Silvio, quali rappresentanti della famiglia Di Silvio, avendo pianificato ed eseguito l’omicidio come azione ritorsiva nei confronti di colui che ritenevano responsabile dell’agguato subito da Carmine Ciarelli, raggiunto nella mattinata del 25 gennaio 2010 da numerosi colpi di arma da fuoco mentre si trovava all'esterno di una bar al Pantanaccio, «in tal modo imponendosi per il controllo dei traffici illeciti sul territorio di Latina come forza predominante rispetto ai gruppi criminali antagonisti, costituiti da soggetti non di etnia rom, facenti capo a Mario Nardone e a Massimiliano Moro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA