Bar e ristoranti di Latina aperti tra mille perplessità: dal centro alla periferia, “viaggio” tra chi prova a ripartire dopo la quarantena

Jessika Forino del bar "Bacco e Tabacco" di Latina
di Rita Cammarone
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Martedì 5 Maggio 2020, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 12:48
L'aroma del caffè e il profumo dei cornetti appena sfornati, dopo quasi due mesi di lockdown, sono il segno della ripartenza. Timida, prudente e con un pizzico di speranza. Tuttavia, a Latina, la modalità del take away non ha convinto tutti i titolari dei bar; in gran parte hanno deciso di aspettare il primo giugno. È andata meglio sul fronte della ristorazione, dove in base ad una prima stima hanno alzato le saracinesche cinque attività su sei. Appuntamento rinviato per le grandi strutture.

Lo storico Bar Mimì di via Eugenio di Savoia riaprirà il primo giugno quando sarà consentito consumare in loco, sia pure con le misure anti-contagio. «Abbiamo rinunciato all'asporto ha spiegato la titolare Cristina Perrelli perché il gioco non vale la candela. Abbiamo cinque dipendenti in cassa integrazione. Per lavorare in modalità ridotta, asporto e consegna, abbiamo bisogno di una parte di loro, ma senza certezza di incassi non possiamo permetterci il lusso di richiamarli in servizio. Stiamo riorganizzando gli spazi per essere pronti alla riapertura completa, con le regole anti Covid, tra mille dubbi. Qual è la modalità corretta per eseguire una sanificazione? Tosap? Ztl aperta o chiusa? Speriamo in un rilancio. Speriamo che con la fine del lockdown finisca anche il nostro confinamento dentro la Ztl vuota».

Ieri mattina in pieno centro erano chiusi anche il bar Poeta, il Circolo cittadino e il bar pasticceria d'Uffizi, solo per citarne alcuni. In piazza della Libertà, invece, il bar Jolly ha colto l'occasione del 4 maggio. Tre dipendenti in cassa integrazione, in servizio soltanto i titolari, Marco Di Marco (alle consegne) e la madre Marina Melone (al bancone), anche per ovviare al problema distanze. «È ' un modo per ricominciare», hanno commentato. I primi clienti si sono affacciati di buon mattino e il telefono ha squillato per le richieste a domicilio. La prima consegna è stata per il Goretti: tre scatoloni di cornetti rigorosamente in omaggio: «Un nostro contributo alla lotta al Coronavirus». In via Diaz i coniugi Roberto Renzini e Alessia Rainaldi hanno trasformato il Caffè degli Artisti in una sorta di chiosco. A sbarrare l'ingresso un bancone sul quale appoggiare caffè e cornetti, giusto il tempo per fare lo scontrino e consegnare il tutto al cliente. In pochi minuti dall'apertura quattro persone in fila distanziata. Il sorriso della coppia dietro le mascherine, la speranza nello sguardo: «Per oggi stiamo aperti fino alle 13, proviamo così poi si vedrà». In piazza del Popolo è risultato aperto soltanto il Nad, gestito dai fratelli Salvatore e Luigi De Grazia. Anche loro hanno il personale in cassa integrazione, ma i soldi non sono ancora arrivati. Un dramma ricorrente in città, anche per chi aspetta il bonus per le partite Iva. «Abbiamo aperto solo per fornire un servizio bar e ristorazione fino alle 15; sappiamo che non sarà l'asporto a risollevarci. Consideriamo questa settimana un esperimento, aspettando il primo giugno».

Massimiliano Carpico, titolare del Gran Caffè Armellini a pochi passi da viale XVIII Dicembre, ieri il bar lo ha lasciato chiuso: «Mi sono fatto due conti e non mi conviene riaprire per il solo asporto e consegne a domicilio». L'attività ha due giovani dipendenti in cassa integrazione e richiamarle al lavoro, a fronte di introiti prevedibilmente decimati, sarebbe una mossa azzardata. «È anche una questione di dignità lavorativa ha aggiunto Carpico - Per aprire avrei solo spese, tutte a carico della mia famiglia. Aspetto il primo giugno».
Luciano Sciaranghella dei suoi due bar ne ha aperto soltanto uno, il Nascosa in Q5: «Provo a vedere come va, vediamo se oggi la clientela risponde positivamente alla fase 2 o se prevale la paura del contagio del virus. Abbiamo messo i pannelli in plexiglass e tolto i tavoli. Questa storia dei tavoli non la capisco. Solo stando chiuso due mesi ho speso 50mila euro: due locali, due affitti, doppie bollette». Anche in questo caso i dipendenti sono in cassa integrazione e i soldi non sono arrivati. Sciaranghella ha richiamato una sola commessa. Al resto pensano lui e il figlio. «I nostri clienti sono contenti, non vedevano l'ora di questa riapertura anche per il solo asporto ha dichiarato Jessika Forino di Bacco e Tabacco' in Q5. Facciamo consegne a domicilio anche per il pranzo». Il locale è grande e spazioso, ma i tavoli sono stati tolti aspettando il primo giugno. Un po' di movimento c'è: nel bar anche la vendita di tabacchi e la ricevitoria.

«Buona l'adesione da parte dei piccoli e medi ristoratori alla riapertura per il take away. Le grandi strutture invece, avendo costi diversi, saranno costrette ad aspettare il prossimo mese», ha dichiarato Italo Di Cocco, presidente Fipe Confcommercio, ieri al lavoro per la ripartenza del suo Made in Italo. Puntuali con l'avvio della fase 2, tra i tanti, Cantone 7 di via Armellini, Sapore di Sale di viale Cesare Augusto, la pizzeria Cuore d'oro di via La Pira, il Grifone di Borgo Sabotino, Punto Loran sul lungomare e Space Time a Foce Verde.
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