Armando Di Silvio tenta il suicidio in carcere

Armando Di Silvio tenta il suicidio in carcere
di Marco Cusumano
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Domenica 17 Giugno 2018, 09:36 - Ultimo aggiornamento: 15:04
Armando Di Silvio ha tentato il suicidio utilizzando le lenzuola all'interno della sua cella nel carcere di via Aspromonte. Un gesto senza conseguenze, in seguito al quale è stato trasferito in isolamento, controllato a vista.

Lallà è considerato il capo indiscusso del clan decapitato dalla polizia. Era lui, ogni giorno, a organizzare una riunione mattutina affidando compiti specifici ad ognuno. Il clan Di Silvio funzionava come un'azienda, le riunioni operative avvenivano a Campo Boario, nella casa di Armando Di Silvio. Ogni decisione passava da lui: sceglieva quali estorsioni compiere, in che modo, chi doveva materialmente minacciare, chi doveva incassare, chi doveva punire i mancati pagamenti. Armando Di Silvio aveva lo stesso potere sul traffico di droga, l'altro grande affare dei Di Silvio.

«Di Silvio - scrive il giudice Minunni nell'ordinanza - non si crea alcuno scrupolo nell'utilizzare il metodo mafioso nella realizzazione delle attività delittuose, ordinando quando necessario ai sodali di minacciare di morte le vittime». In un'intercettazione il capo del clan ordina: «Sai che devi dire: Vai a morire ucciso a te, mamma e padre! Proprio così». Le dichiarazioni del pentito Renato Pugliese, alla base dell'indagine Alba Pontina, tracciano un quadro ben definito di Armando Di Silvio, detto Lallà.

«E' un soggetto - scrive il giudice - senza il cui consenso alcuna attività della consorteria poteva essere portata a termine». In un'intercettazione Agostino Riccardo (braccio destro del capoclan) dispensa consigli su come intimidire le vittime: «Intanto presentati subito: Io sono Ferdinando Di Silvio, il figlio di Armando, gli dici...». «La forza - spiega il giudice - derivante dall'esser parte dell'associazione facente capo a Lallà faceva ritenere al figlio Ferdinando Pupetto di non avere rivali nel momento storico oggetto dell'indagine, attualmente a Latina siamo i numeri uno, dice in un'intercettazione».

Il carisma del leader si evince anche dal suo intervento per risolvere le liti all'interno del gruppo. «Armando Di Silvio - spiega il giudice - è l'unico in grado di decidere nei momenti di fibrillazione e di mettere pace tra i sodali, emblematica al proposito è la lite insorta tra Ferdinando Pupetto e Renato Pugliese nel corso di un'estorsione». Pugliese, infatti, si presentò a un appuntamento importante con un'altra persona, il che fece andare su tutte le furie il cugino Ferdinando Pupetto. Il ruolo di capo emerge anche dalle parole di Pugliese: «Armando era sempre a conoscenza delle attività estorsive. Agostino portava la storia ossia indicava la persona alla quale dovevano essere chiesti i soldi, e Armando decideva quale dei suoi figli inviare per la richiesta. In caso di problemi, ad esempio rifiuto di pagare, era Armando a decidere come operare. Gli incontri avvenivano a casa di Armando nel corso della mattina, ciò accadeva tutti i giorni».

Marco Cusumano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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