"9.300 chilometri di cordone ombelicale", storia di adozioni e disavventure burocratiche

"9.300 chilometri di cordone ombelicale", storia di adozioni e disavventure burocratiche
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Lunedì 30 Agosto 2021, 11:05

La storia di due adozioni, entrambe a 9300 chilometri di distanza. E' quella di Gianna e del marito Giorgio, raccontata in un libro. Sognavano di costruire una famiglia numerosa «ma il tempo passava e i figli non arrivavano, così abbiamo deciso di intraprendere il percorso dell’adozione, pensando che presto ci avrebbero chiamato».

Purtroppo i tempi erano lunghi «e  questa scelta si rivela presto un rocambolesco percorso a ostacoli, fatto di lungaggini burocratiche e innumerevoli, stressantissimi esami da superare: patetici assistenti sociali si avvicendano a psicologhe acide e psichiatri psicopatici… ma non è solo questo. L’equilibrio emotivo della nostra coppia è messo a dura prova anche da amici e parenti che si sentono in diritto di intromettersi in questa delicatissima situazione, di consigliare quali caratteristiche avrebbe dovuto avere il bimbo da accogliere».

Poi un viaggio in  Kenya, l'incontro con un medico che si prende cura dei bimbi più poveri grazie a Nativo, una Onlus italiana. «L’esperienza è bellissima e decidiamo di diventare noi stessi soci, assumendo l’incarico di seguire delle adozioni a distanza, con l’obiettivo di garantire ai piccoli bimbi kenioti assistenza sanitaria e istruzione primaria.Il desiderio di diventare mamma non mi abbandona un istante e tutto ciò che mi circonda, compresa l’atmosfera natalizia e le amiche col pancione, aumenta a dismisura l’ansia dell’attesa».

Poi - dopo quasi tre anni dalla   presentazione della domanda di adozione -  arriva la telefonata che  cambia la vita: «Siamo stati abbinati a Steven, un bimbo di 2 anni, che si trova a 9300 Km da Roma! Il viaggio in Colombia è più avventuroso del previsto, Steven si trova in una regione piena di guerriglieri e incombe il pericolo di essere rapiti, ma l’amore supera tutti gli ostacoli e l’incontro con il piccolo è l’esperienza più emozionante della nostra vita».

Un anno dopo viene presentata un'altra domanda, ma aver già adottato non significa avere una via privilegiata.

Si ricomincia daccapo e l’attesa è ancora più lunga della prima  «fino a quando veniamo a sapere che la Colombia ha bloccato le adozioni internazionali».

Finita? No, perché arriva una telefonata che informa della   possibilità di adottare in Vietnam, «distante sempre 9300 Km». Dopo aver sbrigato le pratiche burocratiche, la partenza per il Vietnam quattro mesi dopo, insieme ad   altre tre coppie di aspiranti genitori.  

«Anche questo viaggio si rivela ricco di avventure. Il clima monsonico è assolutamente inaffidabile, gli ostacoli burocratici allungano di giorno in giorno i tempi previsti. Prendere Ilaria Tân tra le braccia significa essere travolta da emozioni contrastanti, ma, su tutte, è sempre la solita ad avere la meglio: l’istinto dell’amore. Una volta rientrati in Italia, la felicità di essere finalmente in quattro è offuscata dalle difficoltà d’inserimento di Steven alle scuole elementari.
La curiosità morbosa e il falso perbenismo di tante persone rendono la diversità un problema, una domanda, quando invece la risposta è semplice. Come si fa a non gioire per quei sorrisi innocenti e desiderosi solo di bene? Diamo fondo a tutte le nostre capacità per affrontare piccoli e grandi ostacoli quotidiani e per trovare risposte convincenti, a volte fantasiose, alle domande di Steven e Ilaria Tân riguardo le loro origini».

Questo e molto altro sono raccontati in "9300 chilometri di cordone ombelicale", il cui ricavato va interamente a Nativo Onlus (www.nativonlus.org) per sostenere il progetto delle  borse di studio ai ragazzi in Kenya.

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