Zone rosse Alzano e Nembro, il 29 febbraio scattò l'allarme del Cts: «Bisogna intervenire». Ma nessuno lo fece

Zone rosse Alzano e Nembro, il 29 febbraio scattò l'allarme del Cts: «Bisogna intervenire». Ma nessuno lo fece
di Simone Canettieri
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Giovedì 11 Giugno 2020, 07:36 - Ultimo aggiornamento: 12 Giugno, 07:47

ROMA Perché per Codogno e Vo' l'istituzione della zona rossa fu una pratica veloce e per i comuni di Nembro e Alzano si è esitato così tanto? Nei primi due casi il blocco scattò il 23 febbraio, per i centri della Bergamasca, invece, né il Governo né la Regione Lombardia sono riusciti a prendere una decisione ad hoc. Anzi, alla fine sono finiti nel Dpcm dell'8 marzo che annunciò l'istituzione di una zona arancione che comprendeva tutta la Lombardia più 14 province, sparse tra il Veneto e l'Emilia Romagna.

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L'inchiesta della procura di Bergamo si focalizza principalmente sul vuoto di legislazione e assenza di provvedimenti che c'è stato sulla chiusura totale dei due Comuni che da settimane lanciavano allarmi, con bollettini medici disastrosi, sia dal punto di vista dei contagi che sul fronte delle vittime.

IL PRIMO SOS
Il 29 febbraio il Comitato tecnico scientifico fa mettere a verbale quanto segue: «Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili a un'unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l'R0 è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio».

Attenzione, nel merito - come riporta un documento - «il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già prese nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell'infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi».

La Regione Lombardia, però, aspetta e non chiede - così risulta dagli atti - provvedimenti particolarmente restrittivi sul modello di Vo', Codogno e dei Comuni della Lodigiana.
Ma non finisce qui. Perché il 2 marzo l'Istituto superiore di sanità lancia un altro allarme. La strada indicata è quella del comitato tecnico scientifico, ma non accade nulla. In poche parole, gli scienziati hanno già detto al governo che occorre intervenire con le maniere forti: chiudere tutto, vietare la circolazione in entrata e in uscita nei due Comuni, bloccare i trasporti locali. Il 5 marzo il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusasferro lo ripete, questa volta con una mail che è stata acquisita dai magistrati: «Pur riscontrandosi un trend simile ad altri Comuni della Regione, i dati in possesso rendono opportuna l'adozione di un provvedimento che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa».

Conte chiede ulteriori approfondimenti e continua però a non intervenire nel merito di questi due centri. La situazione si sta facendo tragica in tutta la Lombardia, ma Bergamo e la sua provincia sono nel mirino del Covid-19, più di tutti. Nel tergiversare, le ore sono fondamentali. Ma una decisione non arriva. Fino al provvedimento dell'8 marzo che poi anticiperà quello dell'11 con l'istituzione della zona protetta in tutta Italia.
 



Sono appunto questi cinque-sei i giorni nel mirino dei magistrati. E al centro di una disputa politica tra governo (Pd-M5S) e Regione Lombardia (a trazione Lega) sull'iniziativa per Alzano e Nembro. La decisione è politica. E da una parte fanno fede i precedenti delle settimane prima. Per Vo', Codogno e gli altri centri del Lodigiano c'è stato l'intervento di Roma, del governo, del ministro della Salute Roberto Speranza. Dall'esecutivo è partito l'input del chiudiamo tutto.

Ma di chi è la reale competenza? Da Palazzo Chigi citano l'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833». In poche parole, sostengono codici alla mano, che anche la Regione poteva istituire la zona rossa. Ma cosa dice questa norma in particolare? «Che «in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria» possono essere «emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale», fatti salvi «le attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità» e «i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell'ordine pubblico». Una pratica, quelle delle zone rosse, che poi i governatori attueranno nel pieno della Fase 1. Ma prima non era mai accaduto.

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