L'udienza del 19 maggio, con la quale i difensori di Massimo Bossetti chiedevano di poter avere accesso ai reperti accumulatisi nel corso delle indagini sul delitto di Yara Gambirasio, ha avuto come esito per il muratore di Mapello, condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, un secco no da parte dei giudici della Corte d'assise di Bergamo ai quali la Cassazione aveva rinviato la questione. Non solo, ha avuto anche una coda velenosa, perché la Corte, accogliendo la richiesta del procuratore Antonio Chiappani ha trasmesso i verbali di udienza alla Procura di Venezia alla quale spetterà di stabilire se siano stati commessi reati dai difensori di Bossetti ai danni dei pm orobici (la parola calunnia era aleggiata in aula, anche a causa di un esposto presentato nel capoluogo veneto in cui i pm bergamaschi erano stati accusati di scorrettezze nella gestione di reperti e campioni).
Tutte respinte le richieste degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini formulate in vista di una possibile richiesta di revisione della sentenza di condanna all'ergastolo che ora si allontana.
Quindi l'esame del Dna su quella traccia non può più essere seguito, mentre altri reperti e campioni sono stati definiti «scartini» dalla Procura , in quanto irrilevanti in relazione alla posizione di Bossetti I difensori di Bossetti non potranno avere accesso ai corpi di reato e nemmeno ai Dvd con la raccolta fotografica eseguita dai carabinieri del Ris nell'ambito delle indagini, né alle «caratterizzazioni» dei profili genetici del Dna eseguiti dagli stessi Ris e dalla Polizia giudiziaria. Rimane una residua possibilità per il muratore in carcere dal 14 giugno del 2014. La Cassazione ha di recente rinviato, sempre alla Corte d'assise di Bergamo, la decisione sulla possibilità di avere informazioni a proposito dello stato di conservazione dei campioni di Dna che dall'ospedale san Raffaele furono trasferiti all'Ufficio corpo di reati della Procura di Bergamo. Anche questo era stato discusso in aula e i pm non avevano preso bene il fatto che li si accusasse di trascuratezza se non peggio. Da qui la richiesta del capo dell'ufficio di trasmettere gli atti a Venezia a tutela della Procura.
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