Willy, oggi la sentenza: i due fratelli Bianchi rischiano l’ergastolo. E l’Italia aspetta giustizia

Il giovane capoverdiano morì per difendere un amico: è diventato un simbolo di altruismo

Willy, oggi la sentenza: i due fratelli Bianchi rischiano l’ergastolo. E l’Italia aspetta giustizia
di Camilla Mozzetti
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Lunedì 4 Luglio 2022, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 16:45

Una vita che si spegne in appena cinquanta secondi sotto il peso di colpi sferrati a raffica senza un perché o per motivi talmente futili che qualsiasi “perché”, argomentato a difesa, non potrà mai bastare. E certo, la sentenza attesa oggi dalla Corte d’Assise di Frosinone potrà forse placare un dolore intimo e familiare e alleviare quello sgomento collettivo che non si è mai sopito dalla notte del 6 settembre 2020. 

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LA DINAMICA

Colleferro, un ventunenne di Paliano, Willy Monteiro Duarte, esce con i suoi amici, è sabato sera, c’è voglia di divertirsi, di ridere e di scherzare.

Poi però tra largo Oberdan e largo Santa Caterina, a pochi metri dal locale “Duedipicche”, arriva un Suv, un Q7, con a bordo quattro uomini, tra cui i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, 28 e 26 anni, originari di Artena, che scendono e si dirigono verso quel ragazzo che pochi minuti prima aveva provato a sedare una rissa in cui erano rimasti coinvolti anche dei suoi compagni e a strappare dagli apprezzamenti sguaiati di alcuni amici dei Bianchi una coetanea. Willy verrà picchiato per questo: per essersi intromesso e morirà a seguito di quei colpi sferrati alla cieca in un lasso di tempo brevissimo. «Cinquanta secondi – argomenteranno i pm di Velletri - di sofferenza incredibile». L’esito dell’autopsia sarà devastante non solo per chi leggerà quel referto: spappolati il fegato, la milza, i polmoni e il cuore. I sanitari dell’istituto di Medicina legale del policlinico di Tor Vergata non hanno potuto stabilire quale trauma abbia determinato il decesso, talmente diverse e simultanee furono le emorragie interne. Violenza cieca e inaccettabile che pure i fratelli Bianchi, finiti a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, hanno nei mesi scorsi provato a giustificare, minimizzare, rimpallando colpe e responsabilità. Nel processo, iniziato il 10 giugno 2021, seppur con posizioni diverse, anche alcuni loro amici come Mario Pincarelli e Francesco Belleggia per i quali l’accusa ha chiesto una condanna a 24 anni. 

Ma per spiegare l’importanza di “oggi” bisogna tornare alle 3 del mattino del 6 settembre 2020. In quel locale di Colleferro c’è il gruppo dei fratelli Bianchi. Marco e Gabriele, muscoli rigonfi, tatuaggi in bella vista, il vanto social e non solo di praticare le “Mma”, le arti marziali miste, guai con la giustizia già collezionati con il reddito di cittadinanza in tasca e il falso Rolex al polso. In zona li conoscono tutti, per loro è motivo di vanto. Lasciano il locale, per andare a fare sesso con delle donne nel parcheggio del cimitero, ma poi tornano perché alcuni loro amici iniziano a discutere con il gruppo di Willy. Sulla scena dunque ecco arrivare il Suv, i Bianchi scendono, si buttano nella mischia, colpiscono fino ad ucciderlo Willy, colpevole solo di aver provato a dire “basta”. Quella sera, dopo aver smesso di servire ai tavoli di un ristorante, il 21enne di origini capoverdiane, non si è girato dall’altra parte.

 

IL DOLORE DELL’ITALIA
 

A lui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferirà la medaglia d’oro al valor civile per «l’eccezionale slancio altruistico e straordinaria determinazione, dando prova di spiccata sensibilità e di attenzione ai bisogni del prossimo, interveniva in difesa di un amico in difficoltà, cercando di favorire la soluzione pacifica di un’accesa discussione». Dopo l’arresto dei Bianchi, compiuto dai carabinieri a poche ore dal delitto, al funerale di Willy prende parte l’Italia che si stringe al fianco dei genitori e della sorella minore, ne nascono iniziative e premi (tra cui quello bandito da Il Messaggero “Cosa è importante per me” per riflettere sui valori che contano che ha visto la partecipazione di centinaia e centinaia di liceali). Da ultimo Marco Bianchi ha scritto una lettere dal carcere di Viterbo: «Sia io che Gabriele continueremo sempre, da uomini veri, a dire che non c’entriamo nulla con questo crimine». Nelle repliche dei pm di Velletri si legge che i fratello Bianchi hanno dato «sfogo al loro impulso violento, approcciandosi alla folla con il solo intento di ledere e non recedendo dal proprio proposito criminoso nonostante i tentativi» di alcuni presenti «di spiegare come non vi fosse assolutamente la necessità di adoperare violenza». I fratelli Bianchi rischiano l’ergastolo mentre dalla famiglia di Willy il legale Domenico Marzi fa sapere: «Attendiamo con serenità questa sentenza così come abbiamo affrontato l’intero processo».
 

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