Cassazione: «Mandare foto hard a minorenni su Whatsapp è violenza sessuale»

Whatsapp, la Cassazione: «Mandare foto hard a minorenni è violenza sessuale»
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Martedì 8 Settembre 2020, 16:15 - Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 00:03

Inviare foto hard ad un minore è violenza sessuale. Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione respingendo il ricorso degli avocati di un uomo indagato per avere inviato messaggi e foto esplicite ad una ragazza minorenne invitandola a fare altrettanto sotto la minaccia di divulgare in pubblico le chat. Nel ricorso la difesa del 32enne aveva precisato che «in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche sessuali» di fatto sarebbe difettato «l'atto sessuale» e dunque la relativa accusa di violenza sessuale.

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Inizialmente il tribunale del Riesame di Milano aveva confermato la custodia cautelare in carcere disposta dal gip, ma la difesa del ragazzo aveva fatto ricorso in Cassazione. La loro tesi verteva sulla non contestabilità del reato di violenza sessuale: il difensore sosteneva infatti che non essendo avvenuto alcun incontro tra i due, mancava il vero e proprio atto sessuale.

 Secondo la difesa, «la condotta tenuta dall'indagato non ha intaccato la sfera sessuale della minore per assenza di una qualsivoglia richiesta di rapporto sessuale volta al soddisfacimento dei propri impulsi». 

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Il Tribunale del Riesame però aveva già sottolineato -osserva la Cassazione- che «la violenza sessuale risultava ben integrata , pur in assenza di contatto fisico, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare il proprio istinto sessuale». Inoltre, spiegano gli Ermellini, il Riesame «ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell'induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat». Il tribunale del Riesame di Milano infatti aveva confermato la custodia in carcere disposta dal gip per l'indagato, e la difesa, quindi, si era rivolta alla Cassazione sostenendo che, in assenza dell'atto sessuale, non fosse contestabile il reato di violenza sessuale. Per gli avvocati era da escludersi anche il 'child grooming', ovvero l'adescamento di un minore via web attraverso una sorta di circonvenzione per vincere resistenze psicologiche. Motivazioni quelle della difesa respinte dalla Cassazione che ha ritenuto la decisione del Riesame «solida e ben motivata». Gli Ermellini hanno anche ritenuto giusta la custodia in carcere dell'indagato - ora ai domiciliari - perchè recidivo avendo adottato stessi atteggiamenti con altre minori («dimostrando di non sapere controllare le proprie pulsioni») e perchè «lavorando all'estero non sarebbe rientrato per consegnarsi alle forze dell'ordine.

 

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