Il senatore Barba dona 800mila euro al nipote ma 20 anni dopo gli fa causa: «Parente ingrato, non li merita»

Barba sostiene di aver notato "un distacco da parte di mio nipote, evitava qualunque tipo di frequentazione, anche il minimo contatto telefonico. Anche quando ho vissuto un momento di difficoltà economica e chiesto un prestito di 5mila euro"

Il senatore Barba dona 800mila euro al nipote ma 20 anni dopo gli fa causa: «Parente ingrato, non li merita»
di Roberta Grassi
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Lunedì 13 Febbraio 2023, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 16:08

«Ingiurie e nessuna riconoscenza da parte di uno dei miei nipoti per quello che ho fatto per lui»: vent’anni dopo la donazione pari a un miliardo e seicento milioni di vecchie lire, odierne 800mila euro, l’imprenditore ed ex senatore Vincenzo Barba, molto noto a Gallipoli e non solo, chiede indietro i suoi soldi. Fa causa al parente ai sensi di quell’articolo del codice civile che prevede la «revocabilità della donazione per ingratitudine». Il nipote in questione resiste in giudizio (dopo che un tentativo di mediazione non è andato a buon fine) e sostiene di essersi sempre comportato con affetto e con rispetto. E nega, in parte, alcuni dettagli della ricostruzione fatta dal congiunto. Ciò che non è in discussione è la somma di denaro, e il fatto che sia stata versata nel lontano 2000, dopo una giocata in borsa troppo onerosa, a quanto dichiarato. 

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La motivazione

Vent’anni dopo, Barba sostiene di aver notato «un distacco da parte di mio nipote, evitava qualunque tipo di frequentazione, anche il minimo contatto telefonico.

Anche quando ho vissuto un momento di difficoltà economica e chiesto un prestito di 5mila euro per le spese correnti - racconta - mio nipote mi ha risposto di no, mi ha ingiuriato, deriso e offeso con amici, parenti e conoscenti comuni, sino a isolarmi completamente, evitando qualsiasi contatto telefonico».

La risposta

Nulla di tutto ciò, risponde il nipote, sempre su carta bollata e sostiene che fosse impossibile che lo zio versasse in difficoltà economiche, e ha ribadito di essere stato sempre al fianco del parente: «sono stato sempre attivo, anche dopo la donazione, in tutte le campagne elettorali, mi sono speso in suo favore», si legge negli atti. «Tutto ciò in maniera disinteressata, mosso solo da grande affetto e devozione, rifiutando persino eventuali regalie e godendo profonda stima per lui». Un affetto, è riportato: «assolutamente reciproco». 

Posizioni distanti

La narrazione di entrambe le parti è molto fitta di aneddoti. Ciascuno però afferma la propria verità. Lo zio ritiene di aver elargito una somma, attraverso una donazione, che ha risolto una serie di problemi economici del nipote. Il nipote non lo nega, ma non ritiene di aver avuto atteggiamenti tali da dover restituire la somma, per “ingratitudine”, che «consiste in un qualsiasi atto o comportamento il quale leda in modo rilevante il patrimonio morale del donante, e palesi per ciò solo un sentimento di avversione da parte del donatario». 
Quando cioè: «il donatario manifesti un sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarietà che, secondo il comune sentire, dovrebbe invece improntarne l’atteggiamento». 

Il tentativo di mediazione

I due congiunti si sono incontrati per il tramite dei rispettivi legali (Anna Maria e Gabriele Ciardo per Vincenzo Barba, Anna Panico per il nipote) in sede di mediazione. Nessun accordo, si va davanti al giudice civile agli inizi di maggio.

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