Viadotti, il dossier ignorato delle Province: «Seimila ponti a rischio»

Viadotti, il dossier ignorato delle Province: «Seimila ponti a rischio»
di Claudia Guasco
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Martedì 26 Novembre 2019, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 10:52

Quasi seimila tra viadotti, ponti e gallerie sono a rischio e hanno bisogno di interventi strutturali, che richiedono una spesa di 2 miliardi e 454 mila euro. Altre 14.089 opere devono essere sottoposte a indagini tecnico diagnostiche, con costi stimati per 566 milioni di euro. «Nell’agosto del 2018, all’indomani della tragedia del Morandi, ci venne chiesto un monitoraggio urgente sugli oltre 30.000 ponti, viadotti e gallerie in gestione. In poche settimane consegnammo al ministero delle Infrastrutture un quadro da cui emergeva la necessità di intervenire su 5.931 strutture, sulle quali avevamo già pronti i primi progetti. Ma nulla è stato fatto», afferma il presidente dell’Unione province d’Italia Michele de Pascale.

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PRIORITA’ 1
Il rapporto arrivato sulla scrivania dell’ex ministro Danilo Toninelli risale a quattordici mesi fa, ma visto che nel frattempo nessuno se ne è occupato questi dati sono lo specchio fedele dello stato delle infrastrutture in 76 province e 100 mila chilometri di strade. Una mappa parecchio preoccupante. Le opere classificate dagli esperti dell’Upi con «priorità 1», che necessitano cioè di interventi «in quanto già soggetti a limitazione del transito o della portata, se non chiusi», sono 1.918 e per ripararli servono «almeno 730 milioni». De Pascale è sconcertato: «Ci aspettavamo che questa analisi dettagliata portasse a risorse mirate, invece niente. Abbiamo chiesto a governo e parlamento di cancellare, nella legge di bilancio 2020, i limiti alle assunzioni di personale nelle province, per permetterci di ricostruire al meglio dell’efficienza le nostre strutture, svuotate dopo l’esodo imposto nel 2015, e anche di consentire a tutti gli enti locali di accedere al fondo per le progettazioni, oggi a esclusivo appannaggio dei Comuni. Per ora non abbiamo ricevuto risposta». Intanto sono 2.095 le opere in attesa di un controllo in Emilia Romagna, 1.522 in Lombardia, 1.385 in Piemonte, 1.390 in Campania, 989 nel Lazio, 762 in Puglia, 664 in Calabria, 664 in Liguria.
 



Il totale dei monitoraggi che dovrebbero essere effettuati in tutte le 76 province comporta un esborso di 566 milioni di euro. Eppure nell’audizione davanti al Senato dell’11 novembre l’Upi sottolineava come nella manovra non vi sia alcuna «risorsa mirata». E chiedeva finanziamenti necessari e inderogabili: «Un fondo di 200 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023 (800 milioni in tutto) per la messa in sicurezza e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali e l’incremento di 50 milioni annui dal 2020 al 2023 per completare tutti gli interventi censiti sui ponti del bacino del Po, previsti dalla passata legge di bilancio». Un’urgenza rimarcata anche dal capo della procura di Genova Francesco Cozzi, che si occupa dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi: «C’è bisogno di una revisione strutturale sui viadotti», afferma. «In tutti questi mesi abbiamo mandato al ministero delle Infrastrutture tre o quattro informative - dice - L’ultima riguarda il Coppetta e il Busalla, che dall’ultimo report di Aspi hanno un punteggio 70. La società ha adottato le sue misure, il Mit dovrà stabilire se sono sufficienti. Nel caso in cui non dovessero essere tali, allora interverremo. Noi agiamo quando c’è prova di pericolo concreto, non quando c’è un indice di degrado indicativo che non significa necessariamente rischio crollo. Ci sono comunque degli accertamenti in corso. La nostra non è una vera e propria perizia sulla pericolosità, piuttosto analisi tecniche per verificare se ci siano punti di degrado particolari nelle pile o negli stessi impalcati».

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