Vaccino Pfizer, senza siero è allarme anziani: «Rischiamo migliaia di morti»

Vaccino Pfizer, senza siero è allarme anziani: «Rischiamo migliaia di morti»
di Graziella Melina
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Giovedì 21 Gennaio 2021, 06:24

Dall'inizio della pandemia in Italia le persone che non ce l'hanno fatta sono più di 83mila. Il virus colpisce senza distinzioni e senza fare sconti a nessuno, ma alla fine a rimetterci la vita sono soprattutto gli anziani. Chiusi in casa e spesso soli, oppure ospitati nelle rsa, fino a quando non ci sarà una copertura vaccinale di massa vivono ogni giorno con la paura di contagiarsi. E magari di ritrovarsi in un letto di ospedale, lontani dai propri cari, senza nemmeno una carezza nel momento di estrema fragilità.

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I DATI
Senior Italia Federanziani ha calcolato che nei prossimi mesi altri 80mila anziani potrebbero perdere la vita. «I dati ufficiali sulla mortalità per coronavirus in Italia - spiegano - indicano che ogni giorno muoiono circa 500 persone a causa dell'infezione da Covid 19, e sappiamo che si tratta quasi esclusivamente di anziani: stando all'ultimo rapporto dell'Istituto superiore di sanità del 16 dicembre, l'età media dei pazienti deceduti e positivi al Sars cov 2 è infatti di 80 anni». Dunque, se non si accelera con la vaccinazione e non si mette in sicurezza la fascia della popolazione più a rischio, di persone care morte per il Covid se ne piangeranno ancora a migliaia. «Da qui a giugno 2021 - argomenta la federazione delle associazioni della terza età - perderanno la vita tra i cinquantamila e gli ottantamila anziani, visto che il numero di morti ogni giorno si attesta tra 303 e 484».

L'appello, che sperano però non cada nel vuoto, è che le vaccinazioni per gli anziani e i malati cronici siano fatte al più presto. «Siamo terrorizzati da questi numeri che prefigurano purtroppo una vera e propria ecatombe ammette il presidente Roberto Messina Se si stimano dai trecento ai cinquecento morti al giorno, anziani nella quasi totalità, significa che avremo dai novemila ai quindicimila anziani morti al mese, e quindi tra i cinquantamila e gli ottantamila da qui a giugno. Vaccinarsi - rimarca con forza - non è un'opzione ma è l'unica strada obbligata per tutelare la vita delle persone anziane, malate, non autosufficienti che, se infettate dal virus, hanno un'elevata probabilità di sviluppare complicanze e addirittura morire».


I RISCHI
Gli anziani, del resto, ormai sono consapevoli dei rischi che corrono. Ma non sanno a chi chiedere aiuto. «Noi abbiamo un numero verde attivo da novembre, gestito insieme alla Società italiana di psicologia dell'emergenza - raccontano dalla Federazione - siamo inondati da telefonate di anziani spaventati. Chiedono notizie del vaccino, molti hanno difficoltà a contattare il medico di base. Ci siamo accorti che c'è una situazione generale di paura». L'unica speranza ormai è la profilassi. Ma le dosi sono ancora scarse. «Vediamo ancora molte lentezze, problemi burocratici, difficoltà anche all'interno delle rsa». In questi luoghi di cura, che spesso si trasformano in una trappola, il virus a volte circola in modo incontrollato. «Sappiamo che c'è un problema di resistenza degli operatori dentro le rsa a farsi vaccinare - denunciano i responsabili di Federanziani - Servirebbe non solo un'operazione culturale di persuasione alla vaccinazione, ma occorrerebbe soprattutto adottare misure rigide nei confronti di chi rifiuta la profilassi. Noi siamo a favore dell'obbligatorietà».


IL PERICOLO
Ma il pericolo del contagio si annida anche tra le mura domestiche. «È necessario garantire tamponi rapidi a tutti quelli che sono a contatto con gli anziani fragili, dai caregiver alle badanti - raccomandano - Spesso le persone che accudiscono gli anziani non autosufficienti difficilmente vengono raggiunte dalle campagne di sensibilizzazione. Il rischio è che molti possano continuare a non rispettare le norme, fare vita sociale e poi rientrare a casa e così contagiare gli anziani».
Intanto, per superare il senso di incertezza e il timore di morire da soli è essenziale la vicinanza delle persone care. «Bisogna fare uno sforzo organizzativo per rispondere a questo bisogno primario - è l'appello di Federanziani - Prendersi cura di una persona fragile non significa solo occuparsi delle sue malattie croniche. Vuol dire anche e soprattutto curare l'equilibrio psicofisico che, sappiamo, non può mai prescindere dalle relazioni affettive e sociali.

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