Tribunali e degrado, da Roma ad Alessandria fino a Bari: il rapporto choc tra incuria e carenze

Archivi in bagno e aule come depositi. E a Roma gli operai lavorano senza casco

Da Roma ad Alessandria fino a Bari: il rapporto choc sui tribunali tra incuria e carenze
di Valeria Di Corrado
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Venerdì 31 Marzo 2023, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 08:53

Il colmo: operai senza casco di protezione arrampicati su impalcature mobili mentre riparano la facciata d’ingresso della Procura di Roma, dove si perseguono - tra gli altri - i responsabili degli incidenti sul lavoro. Dopo l’inchiesta de “Il Messaggero” delle scorse settimane sulla disastrosa situazione edilizia del palazzo di giustizia penale della Capitale, sembrava infondere speranza la vista di operai all’opera che aggiustano porte senza maniglia per accedere alle aule, che ripianano le buche ad alto rischio caduta nel cortile interno di piazzale Clodio, che sgomberano i corridoi da sedie e stampanti “abbandonate” e che sistemano le lamiere penzolanti dal soffitto del portico di ingresso al Tribunale. La speranza, però, ha lasciato subito posto allo sconforto, scoprendo che quei lavoratori non indossano sulla testa un casco protettivo. 

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SOFFITTI CADENTI

Ma Roma non è di certo la “cenerentola” dell’edilizia giudiziaria italiana. Da un dossier fotografico raccolto dall’Associazione nazionale magistrati emerge che, in questo ambito, tutto la “penisola è paese”. Nella sezione distaccata di Ortona del Tribunale di Chieti i pannelli del controsoffitto sono parzialmente crollati; stesso scenario si ritrova sopra le scale della Corte d’appello di Bari, alla Procura di Campobasso e nel tribunale di Biella.

Insomma, chi cammina per i corridoi di questi e altri palazzi di giustizia deve stare sempre “in campana”, con il naso all’insù. Basti penare al crollo di una porzione di soffitto di una segreteria dell’edificio B del Tribunale penale di Roma, avvenuto fortunatamente durante la notte di lunedì scorso. I calcinacci sono finiti su una scrivania, in quel momento vuota. La cancelliera ha evitato il peggio solo per un caso fortuito.

MUFFE E CREPE

I magistrati hanno poi titolato “impressionismo giudiziario” la serie di immagini che ritraggono muffe sulle pareti dell’aula del Tribunale di Cassino e di Alessandria, profonde crepe nei muri della Procura di Sulmona e intonaci scollati nei corridoi dei Tribunali di Frosinone e Catania. Nel book fotografico degli orrori ci sono anche i vetri rotti della stanza di un pm a Roma, la porta scardinata dell’ufficio di un giudice di Cassino e quella arrugginita di un collega di Messina. L’aula di udienza della sezione penale di Biella, in un solo scatto, dà la misura del degrado dell’edilizia giudiziaria: sedie e pc in disuso accumulati dietro il banco della giuria e due scritte sovrapposte “La legge uguale per tutti”, una delle quali scolorita.

CAVI ELETTRICI E ARCHIVI

In barba alla sicurezza sui luoghi di lavoro, è frequente trovare cavi elettrici scoperti e prese sradicate. Chi malauguratamente - tra magistrati, avvocati e cancellieri - dovesse trovarsi a calpestare questi fili con le scarpe bagnate rischia di fare una brutta fine. Per non parlare poi della situazione indecorosa degli archivi. Per mancanza di spazio i fascicoli vengono ammassati ovunque, persino nel bagno del Tribunale di Cassino. A Catania, per il peso dei faldoni, sono crollati gli scaffali dell’archivio e a Chieti a causa dell’umidità le carte processuali sono ormai illeggibili, con pagine annerite e incollate. Nel Tribunale di Bari i fascicoli vengono sistemati nelle scale; mentre nella Procura della Capitale, quelli destinati al macero sono impilati nel piano sotterraneo, vicino al bar: dati sensibili vengono lasciati in pasto a chiunque va a prendersi un caffè o un tramezzino, alla faccia della privacy di indagati e imputati. «Servirebbe un manager per gestire l’edilizia dei tribunali grandi come quello di Roma, non un magistrato», commenta il giudice Alfonso Sabella.
 

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