Torino, bimbo di 5 anni getta gattina dal balcone e la uccide: e sui social scatta la gogna

Torino, bimbo di 5 anni getta gattina dal balcone e la uccide: e sui social scatta la gogna
di Beatrice Picchi
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Lunedì 29 Giugno 2020, 14:34

L'ha lanciata dal balcone, non si sa ancora se per gioco, rabbia, perché l'ha visto fare o raccontare da qualcuno. Ma l'ha fatto: un bimbo di cinque anni ha buttato la sua gattina di pochi mesi oltre la ringhiera del balcone da ringhiera del balcone di casa, nel quartiere Borgo Vittoria, a Torino. Viveva con tutta la famiglia da un po' di giorni questa micia. A denunciare l’episodio su Facebook è il gruppo di volontarie dell’associazione Sfigatte. L'animale è morto poche ore dopo esser stato raccolto da una delle volontarie e sui social è partita la gogna mediatica con commenti pesanti nei confronti della famiglia e del bambino.
Il fatto risale a sabato scorso. Una ragazza dell'associazione, che si trovava per la strada, ha sentito delle grida da una finestra:
«Non buttarlo» e altre che urlano «E' morta è morta». La volontaria corre verso la gattina, la chiama Miracle sperando che un miracolo potesse avvenire davvero. Non è stato così: faticava a respirare, è morta in clinica poco dopo per trauma cranico e polmoni perforati. Ancora sul post «il bambino di 5 anni, lasciato senza il minimo controllo da parte dei genitori che si trovavano in casa, si è affacciato al balcone, ha preso la micia e l'ha scaraventata giù… Evitiamo di postare l'immagine che è circolata tra noi volontarie, perché sarebbe eccessivamente cruda, ve lo possiamo garantire». 






«Prenderemo i necessari provvedimenti perché questi genitori negligenti non la passino liscia», scrivono le Sfigatte annunciando una denuncia. Tempo pochi minuti e sui social si scatena una pioggia di commenti, oltre mille, contro la famiglia e il bimbo, tanto che le operatrici dell'associazione sono costrette a precisare le loro intenzioni e lo scrivono in maiuscolo: «Ci dissociamo dai commenti che sono stati fatti. il bambino è la prima vittima di questa storia e averla raccontata è stato un gesto di denuncia sociale e non di sciacallaggio mediatico nei confronti di una persona. Noi non siamo dispensatrici d’odio»

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