Terrorismo, kamikaze pronti a entrare in Italia: jihadista pentito fa sgominare tratta di migranti dalla Tunisia

Terrorismo, kamikaze pronti a entrare in Italia: jihadista pentito fa sgominare tratta di migranti dalla Tunisia
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Mercoledì 9 Gennaio 2019, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 18:57

Duemilacinquecento euro per arrivare in Italia dalla Tunisia. Tanto bastava per raggiungere le coste trapanesi sia a bordo di gommoni veloci: era il metodo usato dall'organizzazione criminale sgominata dai carabinieri del Ros che stanno eseguendo 15 fermi per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e istigazione al terrorismo. Per i pm di Palermo, che hanno disposto i fermi, la banda rappresenta «una minaccia alla sicurezza nazionale perché in grado di fornire un passaggio marittimo sicuro e celere particolarmente appetibile per persone ricercate dalle forze di sicurezza tunisine o sospettate di connessioni con formazioni terroristiche».
 


L'organizzazione criminale, che operava in Italia e Tunisia, contrabbandava anche tabacchi lavorati esteri smerciati nel palermitano graziie alla mediazione di complici italiani. I guadagni dell'organizzazione criminale, custoditi da 'cassierì designati dai vertici della banda, venivano riutilizzati per il rifinanziamento della attività come l'acquisito dei natanti veloci e l'aiuto economico dei componenti della associazione criminale finiti nei guai con la legge. Ai fermati sono stati contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, istigazione al terrorismo, contrabbando di tabacchi lavorati esteri e esercito abusivo dell«attività di intermediazione finanziaria con l'aggravante della transnazionalità.

L'accusa. Istigava al terrorismo, invocava la morte in nome di Allah e faceva apologia dello Stato islamico uno dei tunisini fermati dai carabinieri del ROS. Sul suo profilo Facebook sono state trovate video e foto inneggianti all'Isi, con tanto di immagini di decapitazioni. L'inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi, nasce dalla collaborazione con gli inquirenti di un tunisino coinvolto nell'attività della banda. L'uomo ha deciso di parlare per evitare, ha detto agli inquirenti, che ci si ritrovasse con «un esercito di kamikaze in Italia», raccontando di essere a conoscenza dell'esistenza di una organizzazione criminale che gestiva un traffico di esseri umani, contrabbandava tabacchi e aiutava a far espatriare soggetti ricercati in Tunisia per reati legati al terrorismo. Nel profilo Facebook sono stati trovati video di esecuzioni capitali fatte dal boia di Daesh noto come Jihadi John. È stato anche scoperto materiale propagandistico delle attività di gruppi islamici di natura terroristica come preghiere, scritti, ordini, istruzioni e video con scene di guerra, immagini di guerriglieri, discorsi propagandistici e kamikaze presi dalla rete. Scoperti anche suoi contatti con profili di altri estremisti islamici. L'arrestato era uno dei cassieri dell'organizzazione e gli inquirenti sospettano che abbia usato il denaro guadagnato coi viaggi nel Canale di Sicilia anche per finanziare attività terroristiche.

Il tunisino ha raccontato agli investigatori che «i clandestini normali pagano 5.000 dinari tunisini mentre le persone che sono ricercate in Tunisia, per vari reati compreso il terrorismo, pagano da 10.000 dinari in su».  «Nel viaggio per la Sicilia insieme a me - ha ricostruito con gli inquirenti - c'erano altri dieci clandestini, solo uomini, tutti tunisini e all'interno dello scafo c'erano anche 20 scatole di sigarette di contrabbando. Quella notte, dopo essere sbarcato ed essermi immediatamente allontanato sono andato a Marsala. Pochi giorni dopo, in un bar del centro ho incontrato un mio connazionale di nome Monji Ltaief e ho appreso che era al servizio di un soggetto di nome Fadhel conosciuto anche come Boulaya per via della sua barba molto folta. È ricercato in Tunisia per aver sparato a personale della guardia costiera tunisina e per tale motivo avrebbe da scontare ventuno anni di carcere in quel Paese e per quanto mi è stato detto nel 2011, nel corso della rivoluzione tunisina, sarebbe evaso». «Il mio amico - ha aggiunto il tunisino - si occupa di organizzare i viaggi di almeno tre o quattro gommoni che fanno la spola tra l'Italia e la Tunisia - da località, variabili in prossimità di Mazara del Vallo ed anche da Marsala - con partenze organizzate ogni volta che il meteo lo consente.
Come nel mio caso, i gommoni trasportano clandestini e tabacchi nell'ordine di circa dieci clandestini e 20/50 scatole di sigarette per viaggio». «Una volta - ha detto - un gommone è riuscito a scappare e a bordo c'erano anche tre 'barboni' indicati come terroristi; nel giugno del 2016 ho incontrato un tunisino di nome Ahmed e so per certo che è ricercato in Tunisia per terrorismo ed è arrivato in Italia da qualche mese. Attualmente dovrebbe vivere a Palermo insieme a suo fratello più giovane e ad una ragazza di nome Ameni, forse tunisina. Ha aiutato diversi terroristi a espatriare pare verso l'Italia e per questo motivo - ha spiegato - ritengo che sia egli stesso un terrorista».


L'organizzazione criminale. «L'associazione, stabilmente operante in territorio italiano e tunisino attraverso una rete logistica alimentata con gli ingenti proventi delle attività delittuose perpetrate, curava anche l'espatrio dalla Tunisia di soggetti ricercati dalle locali Autorità e Forze di Polizia e incrementava i propri illeciti guadagni implementando la descritta condotta delittuosa con costanti attività di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, distribuiti nel territorio palermitano attraverso la preziosa mediazione esperita dagli associati italiani», spiegano gli investigatori. «Gli ingenti guadagni ricavati dalla struttura associativa - continuano - dopo essere confluiti nella cassa comune del sodalizio venivano in parte riutilizzati per il rifinanziamento della struttura operativa e logistica - tra l'altro per l'acquisizione di nuovi natanti in caso di fuori uso e/o sequestro dovuto alle attività repressive delle forze di polizia, ovvero per il pagamento delle spese legali dei membri sottoposti a processo - e in altra considerevole parte per alimentare e gestire l'attività d'intermediazione finanziaria esercitata abusivamente nei confronti dei connazionali tunisini».

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