Terrorismo, ferì un militare davanti alla stazione Centrale, chiesti 14 anni di carcere per Fathe

Terrorismo, ferì un militare davanti alla stazione Centrale, chiesti 14 anni di carcere per Fathe
di Claudia Guasco
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Mercoledì 4 Novembre 2020, 13:29 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 16:52

Quattordici anni e tre mesi di carcere. È la condanna chiesta ai giudici dal pm Enrico Pavone per Mahamad Fathe, 25 anni, yemenita, arrestato per tentato omicidio aggravato dalla finalità terroristica. Il 17 settembre dell’anno scorso, armato di forbici, davanti alla stazione Centrale di Milano ha colpito alla gola un militare in servizio nell’ambito dell’operazione strade sicure, che fortunatamente ha riportato solo lievi ferite. Il giovane yemenita si è scagliato contro il militare al grido di «Allah akbar».

Voveva uccidere

Il pm nella sua requisitoria ha citato anche i recentissimi «attacchi di Vienna e Nizza» parlando di «lupi solitari», come Fathe, che hanno fini terroristici anche se non collegati a organizzazioni. «Qui nessuno contesta a Fathe di essere associato a organizzazioni terroristiche, perché non è risultato che avesse contatti diretti.

Ma risponde dell’aggravante perché aveva finalità di terrorismo, ossia di creare panico, spaventare la popolazione e fare paura», ha spiegato il pubblico ministero davanti ai giudici dell’ottava penale. Come si è visto in molti attacchi in Europa come quelli «a Vienna e Nizza», nei quali spesso agiscono «lupi solitari». Ha sottolineato il pm: «Una persona che prende una forbice e attacca un militare a caso, gridando più volte “Allah akbar”, vuole colpire lo Stato italiano attraverso in questo caso il tentato omicidio di un appartenente alle forze dell’ordine. La sua condotta punta a spaventare lo Stato perché nessuno deve essere al sicuro, in questa logica». Solo «la fortuna - ha aggiunto il magistrato - ha impedito un epilogo più grave». Fathe, infatti, «ha colpito una parte vitale, voleva cagionare la morte».

«Sentivo le voci»

Una perizia psichiatrica ha accertato che il venticinquenne, malgrado fosse in quel momento in uno stato di disadattamento, esasperazione ed alienazione, era capace di intendere e di volere. L’uomo da giorni dormiva attorno alla stazione e ha raccontato di aver agito contro il caporale Matteo Toia in preda a delle «voci» per morire come un «martire». Nell’ordinanza il gip Natalia Imarisio ha rilevato che quella di Fathe è stata un’azione pianificata a cui, come lo stesso yemenita ha messo a verbale, stava pensando da tre giorni. Un’aggressione dettata dal radicalismo religioso e compiuta con lucidità. Gli inquirenti, con il capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili, hanno anche approfondito un filone investigativo su eventuali contatti del giovane, già segnalato dalla Germania come simpatizzante dell’estremismo, con organizzazioni terroristiche, ma non erano emersi elementi. Per il pm possono essere concesse le attenuanti generiche perché, sebbene non avesse un vizio di mente, era una persona con problemi. L’arringa della difesa è fissata per il 12 novembre, quando arriverà anche la sentenza.

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