Covid, Svimez: «Senza un piano il Sud soffrirà di più»

Svimez: «Nel post Covid senza un piano il Sud soffrirà di più»
di Andrea Bassi e Giusy Franzese
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Giovedì 3 Settembre 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 00:44

Alla pandemia il Mezzogiorno pagherà un tributo economico pesante. Più di quello delle regioni del Centro-Nord. E questo pur essendo rimasto, durante la prima drammatica ondata, sostanzialmente risparmiato da un punto di vista sanitario. Effetto anche di quel lockdown generale deciso dal governo, sussurrano alcuni, ispirato da settori dell’industria del Nord timorosi di perdere quote di mercato a vantaggio di aziende meridionali. Il risultato è che il divario tra il Nord ed il Sud è destinato ad allargarsi. Più di quanto non lo sia già. Basta leggere, ancora una volta, i dati diffusi ieri dalla Svimez e concentrarsi non tanto su quello che è accaduto e accadrà nel 2020, ma quello che succederà il prossimo anno, il 2021.

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Prendiamo uno dei tanti parametri citati dal rapporto, il reddito delle famiglie. Nel Mezzogiorno nel 2020 calerà del 3,2%, meno del 4,4% del Centro Nord. Ma nel 2021 il Sud recupererà soltanto quel 3,2% che aveva perso, mentre le famiglie settentrionali avranno un rimbalzo del 6,4%. Significa che tra poco più di un anno chi vive in una regione del Nord distanzierà chi vive nel Mezzogiorno di un altro 2% di reddito. E non è che ai blocchi di partenza i cittadini meridionali e quelli settentrionali partivano tutti dalla stessa linea. L’Istat ha certificato che le famiglie residenti nel Nord Ovest dispongono del livello di reddito per abitante più elevato (oltre 22 mila e 300 euro) , contro i 14 mila euro del Sud, che rappresentano il 60% dei redditi del Nord con un differenziale, rispetto alla media nazionale, del 26%. Le famiglie residenti nel Nord Est possono contare su un reddito medio di 21 mila e 900 euro e quelle del Centro di 19 mila e 900 euro. Il Covid, con il suo lockdown, allargherà insomma, questa forbice già abissale. E lo stesso vale se si guarda un altro numero: il Pil, il prodotto interno lordo. Più Pil significa più crescita economica, più occupazione e, in definitiva, più benessere. Il Covid quest’anno produrrà un effetto devastante sulla crescita. Ècosì in tutto il mondo, se le imprese sono chiuse non producono, se le famiglie sono relegate in casa non spendono, e l’economia non può che arretrare. 

LO TSUNAMI
Ma, ancora una volta, gli effetti dello tsunami economico dovuto alla pandemia avranno come effetto collaterale quello di aumentare le distanze tra Nord e Sud. La Svimez prevede che il Pil del Mezzogiorno quest’anno crolli dell’8,2 per cento; ancora una volta si tratta di un dato all’apparenza positivo se confrontato con il -9,6 per cento delle Regioni settentrionali. Ma è una illusione ottica destinata a durare l’arco di soli dodici mesi. Alla fine del 2021 il Centro-Nord avrà recuperato il 5,4 per cento del suo Pil, oltre la metà della decrescita infelice del 2020. Il Sud soltanto il 2,3 per cento. Ancora una volta, il settentrione recupererà quasi due punti di Pil in più rispetto al meridione. Anche sui consumi i divari si allargheranno. Nelle regioni del Centro e del Nord, in media, la spesa delle famiglie aumenterà del 5% recuperando la metà della perdita del 2020. Nel Mezzogiorno il recupero invece sarà meno di un terzo: il 2,7 per cento dopo la caduta del 9 per cento di quest’anno. Trend simile per gli investimenti. La vocazione all’export, come già accadde nella precedente crisi, salverà soprattutto le imprese settentrionali, inserite nelle catene del valore globale. 

Succederà, sempre secondo la Svimez, anche altro. Alcune regioni del Centro avranno grosse difficoltà di recupero, in particolare Umbria e Marche, che «scivoleranno verso Sud». E così tra le eredità del Covid l’Italia rischia di trovarsi a dover affrontare anche una “Questione del Centro”, che va ad aggiungersi alla ormai endemica “Questione Meridionale”. Per gli economisti della Svimez, quindi, c’è un solo modo per ripartire: «Compattare l’interesse nazionale e ridurre i divari regionali». L’occasione sarà l’utilizzo dei fondi del Recovery Plan, i 209 miliardi con cui Bruxelles finanzierà la ripresa italiana. Il governo si è impegnato a utilizzarne almeno il 34% per le Regioni del Sud, tanto quanto gli abitanti italiani che vivono nel meridione. Ma se le distanze regionali aumentano, anche la proporzione indicata dal governo rischia di essere insufficiente. Perché non va nemmeno dimenticato che per decenni lo Stato è venuto meno al suo dovere di investimento ordinario nelle regioni meridionali, lasciando che si creasse quel divario che adesso il Covid rischia di allargare a dismisura.
 

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