Social choc dei 13enni: foto di abusi e violenze, le sfide per avere un like

Centinaia di giovanissimi ricevevano e rilanciavano il materiale sequestrato

Social choc dei 13enni: foto di abusi e violenze, le sfide per avere un like
di Cristiana Mangani
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Martedì 25 Ottobre 2022, 00:13

Hanno scelto per l’operazione il nome “Poison”, veleno. Perché è proprio veleno quello che si è insinuato nei telefonini di centinaia di ragazzini. Immagini di bambini abusati, violenze inaudite, persone e animali squartati, simboli nazisti e fascisti. Foto ricevute e diffuse su alcuni gruppi social, proprio da giovanissimi che ora sono finiti al centro di una indagine della Polizia postale di Pescara: 7 gli indagati, che hanno un’età tra i 13 e i 15 anni, più altri 22 la cui posizione è ancora al vaglio della procura dei minori dell’Aquila, e quasi un migliaio (circa 700), che erano iscritti ai canali telegram, whatsapp, instagram, dove l’orrore circolava da più di un anno. A dare il via all’indagine è stata la denuncia di una mamma, che si è rivolta al Servizio emergenza infanzia 114 per denunciare quello che stava accadendo. Il figlio, di 13 anni, le aveva fatto vedere alcune delle immagini “incriminate” e lei ha deciso di chiedere aiuto. Così, su impulso del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online del Servizio polizia postale di Roma, è cominciata la caccia agli autori.

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LE PERQUISIZIONI

Gli investigatori hanno analizzato oltre 85.000 messaggi in 5 diversi gruppi social. Sono stati coinvolti i Centri operativi della Polizia postale di Puglia, Lazio, Lombardia e Campania, perché a far circolare video e foto pedopornografiche sono stati, al momento, due tredicenni abruzzesi, due di Roma, uno di Milano, un campano e una ragazzina pugliese. Quattro di questi non hanno compiuto 14 anni e, dunque, non sono imputabili. Sono stati sottoposti a perquisizione e ascoltati durante le prime fasi degli accertamenti. La sensazione di chi indaga è, però, che non abbiano la consapevolezza dell’atrocità delle immagini diffuse. Anche se dai loro telefoni sono spuntati bambini abusati, violenze sessuali tra minori, e molto altro. «Si faceva fatica a guardare le chat, tanto l’orrore - spiega la dirigente della Polizia postale di Pescara, Elisabetta Narciso - Ci siamo chiesti come potesse aver fatto un ragazzino a diffondere immagini così crude senza avere difficoltà, senza paure o raccapriccio».
Restano al vaglio degli inquirenti le posizioni degli altri 22 giovanissimi, che hanno spedito sulle chat degli “stickers/meme”, sebbene contenenti messaggi omofobi, splatter, mutilazioni e atti di crudeltà verso esseri umani e animali, slogan nazisti, foto di Mussolini e di Hitler.

Insomma, scene di vittime innocenti il cui dolore, invece di scuotere e provocare una reazione, è diventato oggetto di scherno, divertimento e condivisione. Una sorta di contest dell’orrore, dove «il più fico» veniva considerato quello che riusciva a trovare e a inviare i frame più osceni e violenti.

La Postale sta ora valutando se esistano delle responsabilità tra i genitori: dalla complicità alla mancanza di controllo. E se, dietro questo macabro giro, ci possa essere la regia di un adulto. «Nel caso dei minori di 14 anni - sottolinea ancora la dirigente -, proprio in previsione di possibili provvedimenti a loro protezione, considerato il disvalore culturale ed educativo emerso, è facile che debbano intervenire i servizi sociali a sostegno dei ragazzi e delle loro famiglie». 

 

«FENOMENO DILAGANTE»

Le chat erano affollatissime e gli inquirenti hanno già effettuato una prima scrematura, escludendo alcune responsabilità. «L’operazione ha confermato un fenomeno dilagante tra i giovanissimi - chiarisce Ivano Gabrielli, direttore del Servizio polizia postale e delle comunicazioni - Quello che vediamo nelle nostre indagini è un’assuefazione a un percorso che è sempre più drastico, cruento e raccapricciante. L’esposizione a immagini di questo tipo abbassa la soglia critica dei ragazzi rispetto a quelli che sono episodi che possono essere vissuti nella vita reale. È pericoloso - aggiunge -. Chi aderisce a queste chat lo fa in modo cosciente per far parte del gruppo e dare prova di essere coraggioso nel gestire anche certi tipi di immagini».

LA BANALIZZAZIONE

Gli investigatori rilevano, poi, quanto, troppo spesso, nei contesti social si tenda a banalizzare eventi terribili del passato e a mostrare assoluta indifferenza per violenze e stupri, anche nei confronti di bambini piccolissimi. «A volte - dicono - si assiste a una gara a chi posta l’immagine più sprezzante o truculenta, al fine di stupire, all’insegna dell’esagerazione». L’invito della Polizia postale e della Procura minorile ai ragazzi è, quindi, «di acquisire consapevolezza e responsabilità delle proprie azioni anche sui social, interrompendo la diffusione di tali contenuti». «Si auspica - conclude Gabrielli - che i genitori siano consapevoli del proprio ruolo di educatori e lo esercitino con senso di responsabilità, vigilando sull’uso di strumenti informatici da parte dei ragazzi, sia per prevenire fatti lesivi nei confronti di terzi, sia per evitare ripercussioni giuridiche come conseguenza dei comportamenti dei propri figli».

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