Riace, arrestato il sindaco simbolo dell'integrazione: nozze combinate per diventare italiani

Immigrazione clandestina, arrestato il sindaco di Riace Domenico Lucano
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Martedì 2 Ottobre 2018, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 07:36

Da simbolo dell'accoglienza e dell'integrazione dei migranti agli arresti domiciliari. È la parabola del sindaco di Riace Domenico 'Mimmò Lucano, posto ai domiciliari dalla Guardia di finanza di Locri proprio in relazione alla sua attività di accoglienza degli immigrati. Favoreggiamento dell'immigrazione clandestina con matrimoni combinati ed illeciti nell'affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti i reati contestati al sindaco ed alla sua compagna etiope, Tesfahun Lemlem, per la quale è stato disposto il divieto di dimora. 

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E, com'era facilmente prevedibile, l'arresto ha scatenato una valanga di polemiche. Il primo ad intervenire è il ministro dell'Interno Matteo Salvini - che con Lucano era entrato in attrito anche in passato - che di prima mattina twitta «Accidenti, chissà cosa diranno Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l'Italia di immigrati». Posizione sostenuta dal blog degli alleati 5 Stelle. «Riace non era un modello, è finita l'era del business dell'immigrazione» affermano, con il vicepremier Luigi Di Maio che esorta ad evitare «di enfatizzare dei modelli quando poi finiscono arrestati». 

 

Più garantista la posizione del presidente della Camera Roberto Fico: «quando inizierà il processo ci sarà il dibattimento e si arriverà a una verità. Al momento non c'è». In difesa di Lucano si schiera senza se e senza ma Roberto Saviano, che solo poche settimane fa era stato a Riace. «Questo governo - scrive su Facebook - compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell'Italia da democrazia a stato autoritario». Ed interviene anche il segretario del Pd Maurizio Martina dicendo di provare «vergogna» per Salvini e un Governo che «speculano su un'inchiesta per nascondere il disastro che stanno compiendo». Nell'ordinanza di custodia cautelare, il gip di Locri parla di una «spigliatezza disarmante, nonostante il ruolo istituzionale rivestito», di Lucano, il quale ammette «pacificamente più volte, di essersi reso materialmente protagonista ed in prima persona adoperato, ai fini dell'organizzazione di matrimoni 'di comodò».

E a testimoniarlo ci sono alcune conversazioni intercettate nell'arco dei 18 mesi su cui si è dipanata l'inchiesta - denominata «Xenia» - coordinata dal procuratore di Locri Luigi D'Alessio. In una di queste, il sindaco di Riace parla di una migrante cui era già stato negato per tre volte il permesso di soggiorno. «Secondo me - dice Lucano - l'unica strada percorribile, che lei si sposa! Il matrimonio te lo faccio immediatamente con un italiano. Dopo che lei ha il permesso di soggiorno per motivi familiari, i tre dinieghi non hanno nessun valore. Non solo, dopo un pò di tempo prende anche la cittadinanza italiana». Un ritratto, quello delineato dal gip, che Lucano, di fatto, avalla, in un'altra conversazione intercettata. «Proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge», dice il sindaco rivendicando la bontà del lavoro fatto nel suo comune e che lo ha fatto diventare famoso nel mondo per l'accoglienza. Ma l'arresto di Lucano ha provocato anche quello che ha tutta l'aria di essere uno scontro in piena regola tra gip e Procura. Nonostante l'arresto disposto, il gip, infatti, non risparmia bacchettate alla Procura non accogliendo 14 richieste di arresto su 15 e rigettando sette accuse mosse a Lucano.

A cominciare da presunte irregolarità nella gestione dei flussi di denaro pubblico destinati alla gestione dei migranti, ipotizzato dai pm, ma sui quali il gip rileva che «ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt'altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate». Ma il gip si spinge anche oltre parlando di congetture, errori procedurali, inesattezze di inquirenti e investigatori, che lo hanno portato a rigettare la richiesta di ordinanza per i reati più gravi: associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d'ufficio e malversazione. Decisioni che non sono piaciute a D'Alessio che ha già annunciato ricorso al riesame contro il gip. ​

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