Simonetta Cesaroni, si riapre il giallo. «Il killer frequentava il suo ufficio, aveva il gruppo sanguigno di tipo A»

La Commissione Antimafia: «Il killer è tra chi aveva libero accesso in via Poma». L’omicida della 20enne morta nel 1990 «aveva il gruppo sanguigno di tipo A»

Simonetta Cesaroni, si riapre il giallo. «Chi la assassinò in quell'ufficio era di casa»
di Valeria Di Corrado
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Giovedì 8 Settembre 2022, 18:29 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 08:55

Bisogna cercare il killer di Simonetta Cesaroni in un soggetto che ha il gruppo sanguigno di tipo A e che abitava o lavorava nel palazzo di via Carlo Poma 2, dove il 7 agosto 1990 la 20enne venne uccisa. Sono queste alcune delle conclusioni a cui è arrivata la Commissione parlamentare Antimafia, dopo un’attività di indagine che ha portato ad ascoltare in sede istruttoria il giornalista Igor Patruno, l’avvocato della famiglia Cesaroni, Federica Mondani, e la sorella della vittima. La relazione della Commissione, che ripercorre alcuni «punti oscuri» sul delitto irrisolto, verrà inoltrata alla Procura di Roma che, nei mesi scorsi, ha riaperto le indagini; dopo che erano stati scagionati Pietrino Vanacore, portiere dello stabile dove avvenne l’omicidio, e Raniero Busco, fidanzato della vittima.

In confidenza con la ragazza

«Resta ragionevole credere che l’omicida fu persona che aveva un notevole livello di confidenza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento.

Si deve essere trattato di persona che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima - si legge in un passaggio della relazione - o che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta Cesaroni o quantomeno, in via subordinata, di non indurla in sospetto o in allarme, trovandosi a tu per tu, in situazione di isolamento». «Si trattava di un contesto - vale ricordarlo - caratterizzato dal palazzo deserto per via dell’estate romana con i suoi effetti di spopolamento in uno stabile i cui interni erano dedicati anche ad uffici. Peraltro, di questa linea interpretativa si fa portatrice la più volte citata sentenza della Corte di assise di appello di Roma».

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Le tracce di sangue

«D’altro canto, rimane estremamente probabile che l’omicida sia di gruppo sanguigno A, perché sarebbe altrimenti poco spiegabile che a tale gruppo sanguigno debbano essere ricondotte le macchie ematiche rinvenute su interno, esterno e maniglia della porta della stanza dove venne ritrovato il cadavere - osserva la Commissione Antimafia - Delle molte ipotesi fatte per spiegare questa risultanza degli esami sui reperti ematici, tutte comunque risultano conducenti nell’identificare il sangue nell’appartamento come quello dell’omicida». Nella relazione viene posta l’attenzione su alcuni punti da «riconsiderare», come «le telefonate anonime che la Cesaroni iniziò a ricevere - presso la sede della Reli S.A.S. - proprio nel periodo in cui cominciò a prestare servizio presso l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù». Simonetta ne parlò ai genitori. Secondo il padre, interrogato sul punto il 17 aprile 1996, si trattava di «un soggetto di sesso maschile, apparentemente gentile, colto, educato, che faceva degli apprezzamenti con un certo garbo, e che avrebbe chiesto alla ragazza più volte: “Ma non mi riconosci?”, come se si fossero incontrati in un’occasione antecedente».
Per questo la Commissione ha dato alla Procura l’indicazione di «restringere in modo perentorio i possibili autori dell’omicidio in quel ristretto novero di persone che: avevano la possibilità di ottenere un comodo punto di appoggio nel palazzo o in aree limitrofe, tanto da trovarvi riparo immediatamente dopo il delitto; verosimilmente di gruppo sanguigno di tipo A; e che erano note alla vittima».

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