Siccità, Po già in crisi come a fine estate: il 2023 peggio dell'anno scorso, l'allarme della Coldiretti: «Già pesanti danni per riso e mais»

Isac Cnr: nel primo trimestre del 2023 una diminuzione media di acqua del 15% in tutto il Paese

Siccità, Po già in crisi come a fine estate: il 2023 peggio dell'anno scorso, l'allarme della Coldiretti: «Già pesanti danni per riso e mais»
di Paolo Ricci Bitti
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Giovedì 27 Aprile 2023, 14:06

Siccità: a inizio primavera il Po già boccheggia quasi come a fine estate con le proiezioni del 2023 che si annunciano peggiori del 2022, anno terribile. Le nevicate sulle Alpi e le piogge di queste ultime settimane sono ben poca cosa rispetto alle necessità del Grande Fiume che bagna, sempre meno, un bacino popolato da 16 milioni di persone e in cui si produce, anche grazie alle sue acque, il 40% del Pil nazionale. Uno scenario che il rischia di deperire progressivamente per gli effetti dei cambiamenti climatici. 

A Viadana (Mantova), oggi 27 aprile 2023, siamo già 4 metri sotto il livello di guardia, mentre il lago di Garda è al minimo storico del periodo con un livello di rimepimento pari al 38% e il lago di Como al 24%, con il lago Maggiore che arriva al 44%. Dati che affiorano dal monitoraggio della Coldiretti dopo le ultime piogge su Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Marche particolarmente colpite dalla siccità.

In sintesi manca  il 30% della portata media ed il livello delle acque è largamente inferiore all’anno scorso segnato da una pesante carenza.

Sempre secondo la Coldiretti «le sponde del Po sono ridotte a spiagge di sabbia come non accadeva da decenni dopo un inverno asciutto che dal punto di vista climatologico è stato il secondo più caldo mai registrato prima in Europa. La temperatura è superiore di 1,44°C rispetto alla media della stagione 1991-2020, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base dei dati del sistema europeo Copernicus Climate Change Service (C3S) che evidenzia anomalie del clima nei diversi Paesi del Vecchio Continente. 

Il cuneo salino

Siamo a portate con valori di media mensile già inferiori al minimo storico nel periodo 1991-2020, in linea appunto con il 2022, il peggiore che si ricordi. L'acqua salata dell'Adriatico risale intanto il delta del Po fino a 23-27 chilometri e diventa impossibile utilizzarla per l'agricoltura.

L'agricoltura

Una situazione che è stata accompagnata da scarse precipitazioni con l’allarme siccità esteso a tutta Europa che impatta sulle produzioni agricole come in Francia, dove con le alte temperature – continua la Coldiretti – crescono le difficoltà per le produzioni di fiori da destinare ai profumi, alla Spagna dove per la mancanza di precipitazioni non ci sono le ghiande per alimentare i maiali. Un allarme che, sottolinea ancora la Coldiretti, riguarda soprattutto l’Italia dove sono circa 300mila le imprese agricole che si trovano nelle aree più colpite dall’emergenza siccità del Centro Nord con la situazione più drammatica che si registra nel bacino della Pianura Padana dove nasce quasi un terzo terzo dell’agroalimentare Made in Italy e dove si trova la metà del settore dell’allevamento. Le precipitazioni servono dunque a salvare le semine primaverili di mais, girasole, soia e riso ma anche le coltivazioni in campo come il frumento, l’orzo, l’erba medica e le altre foraggere che soffrono la prolungata siccità e con grandi preoccupazioni per le rese della prossima raccolta.

È allarme insomma per le semine primaverili di granoturco, soia, girasole, riso e trapianti di pomodoro nei terreni aridi per la mancanza dell'acqua soprattutto al nord dove le precipitazioni sono praticamente dimezzate (-45%). A lanciarlo è la Coldiretti sulla base dei dati Isac (Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima) del Cnr relativi al primo trimestre del 2023 segnalando una diminuzione media di acqua del 15% in tutto il Paese.

Una situazione che provoca incertezza nelle campagne con le previsioni di un taglio di quasi 7500 ettari dei terreni coltivati a riso, mentre per quanto riguarda il mais le prime stime segnalano una riduzione al Nord di circa il 6%, mentre nel Centro arriverebbe a toccare il 10%. Dalla disponibilità idrica dipende la produzione degli alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al granoturco per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano ed i salumi come il prosciutto di Parma.

Dal Po al Rio delle Amazzoni

Dal Po (650 chilometri) al Rio delle Amazzoni dieci volte più lungo. Anche l'Amazzonia, in Sud America, deve affrontare il rischio siccità, causato dal cambiamento climatico e dalla deforestazione: secondo uno studio frutto della collaborazione tra 80 ricercatori di Europa e Sud America, le aree più minacciate sono quelle meridionali e occidentali. La grave conseguenza sarà la progressiva riduzione della capacità degli alberi di assorbire e immagazzinare CO2 dall'atmosfera. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature e guidata dall'Università britannica di Leeds, costituisce la prima valutazione completa dell'intera foresta amazzonica e della sua risposta alle variazioni del clima. E sottolinea come l'impatto della siccità sia stato probabilmente sottostimato dalle indagini precedenti, che si sono concentrate solo su zone limitate.

I ricercatori guidati da Julia Tavares, ora all'Università svedese di Uppsala, hanno effettuato misurazioni e prelevato campioni per un anno da 11 siti sparsi in tutta l'Amazzonia, tra Brasile, Perù e Bolivia. Gli autori dello studio, soprannominati 'i dottori degli alberì dalle comunità del posto, si sono arrampicati sulle piante grazie a corde e attrezzi da arrampicata, per un totale di 540 alberi di 129 specie diverse. Dai risultati emerge che nella parte meridionale della foresta amazzonica, dove i livelli delle precipitazioni sono da tempo in calo, gli alberi mostrano il maggior grado di adattamento alla siccità, eppure corrono anche il rischio più elevato di morire: questo perché la regione ha già assistito a rapidi cambiamenti climatici e massiccia deforestazione, che hanno spinto le piante al limite delle loro capacità di resistenza. Al contrario, gli alberi che vivono nelle parti più umide dell'Amazzonia sono poco adattati alla siccità ma sono anche quelli meno minacciati, dal momento che in quelle zone i cambiamenti nelle precipitazioni sono stati finora più lievi.

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