Rubens sequestrato, il giallo della seconda donna: dopo l'acquisto scoperta una figura segreta

I carabinieri bloccano una tela del grande artista fiammingo: deve restare in Italia

Rubens sequestrato, il giallo della seconda donna: dopo l'acquisto scoperta una figura segreta
di Valeria Di Corrado
4 Minuti di Lettura
Sabato 31 Dicembre 2022, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 09:31

La mostra Rubens a Genova era funzionale alla consacrazione della paternità del dipinto Cristo risorto appare alla madre e alla ipervalutazione economica che ne sarebbe derivata; invece si è trasformata in un boomerang per chi lo aveva illecitamente esportato dall'Italia. Così ieri i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, hanno sequestrato la tela esposta a Palazzo Ducale dallo scorso 6 ottobre. Fatta passare per un'opera di un anonimo pittore fiammingo del valore di 25mila euro, è invece riconducibile alla bottega del celebre artista Peter Paul Rubens (nato a Siegen nel 1577 e morto ad Anversa nel 1640). Sotto mentite spoglie, quindi, è uscita dai confini nazionali nel 2014, per poi rientrarvi tre mesi fa con un'assicurazione da ben 4 milioni di euro. Non solo, come per miracolo nel dipinto è comparsa una Madonna in più, rispetto al disegno originario. Nell'inchiesta sono ora indagati quattro italiani con le accuse di illecita esportazione di opera d'arte, riciclaggio e autoriciclaggio.

La cronistoria

Ma facciamo un passo indietro.

La tela era di proprietà della nobile famiglia Cambiaso di Genova che la custodiva a Palazzo Pitto, dimora inserita nel circuito dei Rolli: edifici storici dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Gli eredi dei Cambiaso avevano provato a venderla, inizialmente senza riuscirci, sapendo bene che era opera di Rubens. Nel 2012 l'avevano ceduta a due collezionisti d'arte (ora indagati) per 350 mila euro. Questi ultimi, tra il 2014 e il 2019, avevano fatto uscire dall'Italia il dipinto, dichiarando falsamente all'ufficio esportazione della Sovrintendenza di Pisa che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25 mila euro. Così facendo, i mercanti hanno aggirato il veto che sarebbe stato opposto dal ministero dei Beni culturali, in nome dell'interesse storico-artistico di rilevanza nazionale dell'opera. Dopo una serie di passaggi a società estere, il quadro è finito in Belgio; fino a quando, lo scorso ottobre, è tornato a Genova per essere esposto per la prima volta al pubblico, nella cornice della mostra monografica su Rubens. Secondo gli inquirenti l'obiettivo dei quattro indagati era proprio quello di certificare la paternità dell'opera e aumentarne il valore. Da qui le ipotesi di riciclaggio e autoriciclaggio contestate, oltre che ai due collezionisti d'arte, a un commercialista e a suo figlio coinvolti nell'affaire. La sala di Palazzo Ducale dove era esposto il quadro, ieri, è stata provvisoriamente chiusa al pubblico, in attesa che venisse trasferito in un deposito giudiziario. Il sequestro preventivo eseguito dai militari del Tpc di Genova, al comando del maggiore Alessandro Caprio, si è reso necessario e urgente perché l'opera il 5 febbraio (a conclusione della mostra) sarebbe tornata in Belgio.

La misteriosa figura

Il dipinto, datato 1612-1616, raffigura il Cristo risorto in piedi davanti a due figure femminili inginocchiate, entrambe corrispondenti alla Madonna; simili dal punto di vista compositivo, ma iconograficamente diverse. Quella in secondo piano, vestita con l'abito viola, è emersa in seguito a una radiografia sulla tela eseguita nell'ambito del restauro (probabilmente risalente al 2014) commissionato dai due mercanti d'arte indagati. Per i pittori dell'epoca erano frequenti i cosiddetti pentimenti, ossia dei ripensamenti in corso d'opera: l'artista che cambiava idea rispetto al disegno originario, lo mascherava con più strati di colore, rendendolo invisibile all'occhio umano. Il dilemma degli investigatori è capire come mai i proprietari del dipinto abbiano deciso di far tornare alla luce questa versione non conosciuta nei cataloghi d'arte. Probabilmente l'obiettivo era accrescere l'aura di mistero attorno all'opera e, di conseguenza, il suo valore. «È un problema riguardante la proprietà della tela e non la sua autenticità», ha spiegato Serena Bertolucci, direttrice del museo (parte lesa in questa vicenda). La Fondazione Palazzo Ducale aveva provveduto a inoltrare la richiesta di prestito alla proprietà. «L'attribuzione di un'opera di Rubens - sottolinea Anna Orlando, curatrice della mostra insieme a Nils Büttner - passa attraverso il vaglio degli studiosi dell'istituto di riferimento che è il Rubenianum di Anversa, la massima autorità scientifica internazionale per lo studio delle opere di Rubens». Il sequestro riporta al 2017 quando la mostra su Modigliani, sempre a palazzo Ducale, venne chiusa in anticipo perché 21 opere furono ritenute false. Il processo a carico di sei imputati è ancora in corso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA