Scuola, la preside di Tor Bella Monaca, Autiero: «L'istruzione muove il Paese, eccellenze anche in periferia»

Scuola, la preside di Tor Bella Monaca, Autiero: «L'istruzione muove il Paese, eccellenze anche in periferia»
di Mario Ajello
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Venerdì 18 Settembre 2020, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 12:40

Il liceo Edoardo Amaldi è un classico, scientifico e linguistico, con 2000 studenti, a Tor Bella Monaca. Lo dirige Maria Rosaria Autiero, 58 anni, una lunga esperienza nella scuola.
Preside, il capo del governo Conte è appena stato in visita in una scuola della vostra zona. E' un buon segnale secondo lei?
«Direi di sì, è un segno di attenzione. Sia alla scuola in generale sia alle scuole della cosiddetta periferia».
Che cosa significa insegnare Orazio a Tor Bella Monica?
«Significa la stessa cosa di insegnarlo altrove. Orazio ha senso ovunque. Non come tecnica di traduzione, ma perché attraverso il pensiero di questo autore e di altri classici noi abbiamo gli strumenti per interpretare l'oggi e quindi per immaginare il futuro. Comunque vorrei dirle che è profondamente sbagliato porre il tema della cultura in periferia, come se fosse altra cosa rispetto al centro. Roma è fatta di tanti centri. Tor Bella Monaca, per esempio, sta al centro, di un territorio in cui entrano importanti realtà. Come l'Agenzia aerospaziale, l'Università e il Policlinico di Tor Vergata, centri di ricerca di eccellenza. Più in là c'è l'Enea di Frascati che è un punto di riferimento mondiale della fisica. Basta a considerare le periferie come negli anni 50, agglomerati di baracche per le persone inurbate».
Sta dicendo che anche a livello scolastico la periferia non è più periferia?
«Credo semplicemente che bisognerebbe smetterla di credere che i licei d'eccellenza sono solo quelli del centro storico. Il raggio della buona istruzione è più largo di quello che comunemente si crede. C'è stato uno sviluppo urbanistico e civile in questi decenni e tutta la scuola può rivendicare di aver lavorato con merito per creare identità e cultura. Ora naturalmente, a tutti i livelli, occorre capire qual è il modello di scuola adatto alla società di oggi, e agire di conseguenza. Anche a livello fisico, cioè degli edifici».
Vanno costruiti ex novo?
«Devono rispondere al setting educativo che si vuole realizzare. I lunghi corridoi su cui affacciano le aule non sono più funzionali a un'idea di scuola moderna e futura. Immagino scuole in cui ci siano ampie aree con luoghi d'incontro anche informali, che abbiano spazi adatti allo scambio e alle condivisioni tra le classi, che possano ospitare i gruppi interdisciplinari, in cui sia possibile vivere momenti di cura delle arti, della musica e contatti tra gli studenti e il territorio circostante. Come prevede la legge sull'autonomia scolastica. Il nostro istituto è integrato con il territorio, è produttore di cultura a Tor Bella Monaca: comunichiamo con le parrocchie, con i centri sportivi, con le biblioteche e con le librerie, con ogni tipo di associazione e di forza sana del quartiere. Ma si deve fare di più e meglio».
Ma quale dev'essere il modello di istruzione per la ricostruzione italiana?
«C'è da chiedersi ad esempio: le competenze digitali come entrano nelle scuole? E anzitutto occorre affrontare il tema della formazione dei docenti. Deve diventare veramente obbligatoria. Un preside, per ora, non può obbligare gli insegnanti ad aggiornarsi e questo è un handicap per l'intero sistema e per tutta la comunità. Il cambiamento passa, necessariamente, attraverso la formazione non solo dei professori ma di tutto il personale scolastico».
La scuola funziona ancora da ascensore sociale?
«Quando è nato il nostro istituto non volevano farlo. Dicevano: A che cosa serve un liceo classico a Tor Bella Monaca? Da lì devono arrivare operai, da quel quartiere non può uscire gente preparata ad essere classe dirigente!. Noi cerchiamo ogni giorno di smentire questa posizione. Preparando - e questo deve fare la scuola - persone capaci di inserirsi e di scegliere all'interno del mondo del lavoro quale compito svolgere».
Non crede però che la cultura deccellenza faccia a pugni con la cultura di massa? E non è questa la prima difficoltà che incontra la scuola oggi?
«Una nostra alunna ha partecipato alle finali delle olimpiadi di astronomia. Con questo esempio voglio dire che la scuola deve garantire e curare per tutti i livelli essenziali di apprendimento culturale e di conoscenza e insieme aiutare a i talenti a svilupparsi. Ci sono diversi piani di proposta formativa e quello dell'eccellenza può e deve convivere con l'altro. Il liceo Amaldi ha iscritti provenienti da tutte le classi sociali. Ragazzi motivati, figli di professionisti, a volta con altre origini familiari e il 15 per cento sono stranieri. Nei test Invalsi si collocano spesso nella prima fascia. Molti ex alunni sono diventati docenti».
Dice questo per dire?
«Per insistere, in generale, sul fatto che la risorsa dell'istruzione è quella che muove un Paese. L'Italia che si deve ricostruire ha bisogno di cittadini attivi e consapevoli. E la scuola serve a questo».

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