Saman, il dolore del fidanzato Saqib: «La sogno ogni notte, suo padre mi perseguita»

Saman, il fidanzato Saqib: «La sogno ogni notte, suo padre mi perseguita»
di Roberta Pugliesi
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Lunedì 9 Agosto 2021, 06:46 - Ultimo aggiornamento: 12:15

Sono trascorsi più di tre mesi dalla sua scomparsa ma di Saman Abbas, la 18enne di origini pakistane di cui si sono perse le tracce a Novellara nella notte fra il 30 aprile ed il 1 maggio, non si hanno notizie. Le indagini sembrano essersi arenate così come sono state interrotte le ricerche del corpo, andate avanti per 67 giorni. Nel frattempo sono stati analizzati tre telefoni cellulari, due dei quali sequestrati dai carabinieri lo scorso giugno nella casa del fidanzato Saqib Ayub, che vive in un paesino della Ciociaria, in un alloggio gestito da una cooperativa che divide con un suo connazionale e due giovani africani. E i due cellulari, uno del fidanzato di Saman, l'altro della ragazza scomparsa, torneranno nelle mani di Saqib quasi certamente la prossima settimana. Lo abbiamo incontrato in un bar del frusinate insieme al suo amico Zafran che ha fatto da interprete.

Saman, il fidanzato: «Spero sia ancora viva»

Saqib, dopo la scomparsa di Saman, sei stato ricoverato in ospedale ed ora che sei tornato a casa come trascorri queste giornate?
«Ho passato due settimane in un ospedale della provincia di Frosinone.

Non stavo bene e non sto bene psicologicamente. Non faccio che pensare a Saman, sognarla tutte le notti chiusa in una stanza, segregata in una casa. Perché io sono convinto che sia ancora viva, il mio cuore mi dice questo. E anche se continuo a ricevere minacce attraverso i canali social dai familiari di Saman, che mi inviano insulti e mi telefonano su Instagram con profili che poi vengono chiusi, continuo ad aspettare la verità e a chiedere giustizia. Trascorro le giornate in casa, esco di rado. Mi piace stare qui ma ho paura. Prima uscivo molto di più e avevo maggiori interessi. Adesso sono chiuso in me stesso e non penso che a lei e alla mia famiglia lontana».

Saqib, che utilizza temporaneamente il cellulare prestatogli da un amico, mostra i messaggi ricevuti a maggio in Direct. Sono carichi di odio, sia verso di lui che verso la sua famiglia. Le ultime telefonate di Shabbar, padre di Saman, risalgono al 24 luglio, dopo l'incidente probatorio.
«Ho paura per i miei genitori e i miei fratelli che vivono nella regione del Kashmir in Pakistan. Faccio un appello a tutti affinché si trovi la verità al più presto e chiedo a chi indaga di non fermarsi. Di me, della mia incolumità, mi importa poco. Quello che voglio adesso più di ogni altra cosa è sapere dove si trova Saman. Solo così potrà esserci giustizia, per lei ma anche per chi, come i miei familiari, sta vivendo un incubo. Se dovesse succedere qualcosa a loro io non avrei più alcun motivo per vivere».

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Ma l'incubo per il fidanzato è iniziato già prima della scomparsa della 18enne. Ne è prova un episodio allarmante verificatosi a gennaio, quindi prima del presunto omicidio.
«So per certo che i familiari di Saman sanno bene dove mi trovo. Qualche tempo fa una fotografia che mi ritraeva mentre passeggiavo in una cittadina della zona, tramite Whatsapp è arrivata a loro che mi hanno così comunicato di sapere esattamente dove mi trovassi. Ho denunciato il fatto ma non vivo tranquillo. Un giorno ero insieme al mio caro amico Zafran e abbiamo notato nei pressi della mia abitazione una persona dal viso sospetto. Abbiamo avuto paura. Poi è sparito, ma non vivo sereno».

Il tuo avvocato Claudio Falleti vorrebbe farti trasferire per darti maggiore sicurezza e magari per aiutarti a trovare un lavoro. Ti piacerebbe spostarti nel Nord Italia?
«Qui sto bene, mi piace ma ho paura e non ho un lavoro. Per un breve periodo di due mesi ho lavorato a Roma ma sono bravo nell'agricoltura, a raccogliere le olive. Vorrei solo protezione per la mia famiglia, magari farla tornare in Italia ma non è facile. E poi vorrei un lavoro per me. Quello che sicuramente, però, desidero più di ogni altra cosa è trovare Saman e non mi fermerò mai, vivrò per quello. Quindi se mi chiedi se voglio trasferirmi la risposta è: non necessariamente, potrei restare qui, ma protetto, per poter avere la possibilità di continuare a combattere per la verità».

Ti sei costituito parte civile. Il 23 luglio c'è stato l'incidente probatorio che il tuo difensore ha definito un ring. Come è andata?
«È stato faticoso. Non era semplice far capire bene il mio pensiero, anche se c'era l'interprete. A tratti sembravo io l'imputato. Pareva che avessi fatto qualcosa di male, che non fossi stato sincero. È stato incredibile e molto triste».

Qual è il ricordo più bello che conservi del tuo rapporto con Saman, cosa ti manca di più di lei?
«L'anno trascorso insieme è stato meraviglioso. Saman era piena di vita, coraggiosa, determinata, sognava un lavoro, una famiglia tranquilla, felice, diversa dalla sua, quindi aperta, libera, gioiosa, con tanti bambini da crescere nell'amore. Era dolcissima ed è questo che mi manca di più. Il suo modo di approcciare alla vita, con la maturità di una donna ma la spensieratezza di una ragazza».

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