SABAUDIA Ore 11: in piazza del Comune, proprio di fronte all'ingresso del Municipio, c'è ancora una pattuglia dei carabinieri. Dopo l'operazione messa a segno dai militari del Nucleo investigativo di Latina, coordinati dalla Procura, restano ancora delle perquisizioni da compiere negli uffici comunali ma la città sembra spettrale, quasi fantasma. Non sono solo la pioggia e il vento che tengono le persone in casa. Si respira una voglia generale di lontananza dal terremoto che ha scosso il Comune portando ai domiciliari con l'accusa di corruzione e turbativa d'asta la sindaca Giada Gervasi e altre 14 persone. «Non ce l'aspettavamo da lei - commenta la barista della caffetteria Italia - che qualcosa non andasse si poteva intuire tra le concessioni balneari e pure la Coppa del mondo di canottaggio, ma lei si era presentata come civica cinque anni fa, non pensavamo proprio che potesse finire in una storia simile, chi l'ha votata, l'ha scelta anche perché si era proposta come elemento di rottura con il passato».
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IN STRADA
Fuori dal locale solo qualche residente passeggia sotto ai portici «Si pensava che con una lista civica si uscisse da certe dinamiche e invece, ha visto che bella sorpresa?», constatano con un'amara ironia Pietro Piroli e Vincenzo Fazio.
«ERA PREVEDIBILE»
Il problema è quando si inizia a scavare: «Ci sono realtà che dissimulano meglio, che camuffano un po' anche per via dell'entourage che frequenta questo posto ma qua stiamo sul litorale pontino - aggiunge Christian R., storico residente di 65 anni - qua c'è la criminalità organizzata e gli affari si fanno, come c'è il rischio della corruzione sugli appalti, ci volevano fa' i soldi loro sulla Coppa del mondo? Resto stupito solo del coinvolgimento della sindaca che pareva una brava persona». Di fronte alla caffetteria l'Incanto si precipita un collaboratore della Gervasi, è il presidente del Comitato per i gemellaggi: «Abbiamo saputo che sta bene ed è tranquilla, noi tutti confidiamo nella magistratura», poi si allontana in una piazza del Comune vuota e spettrale.
«Sa cosa penso? - chiede un uomo che cammina su ponte Giovanni XXIII - che in certi contesti pure le migliori azioni che servono per il territorio diventano possibili occasioni di illegalità e questo perché alla base c'è un problema culturale prima ancora che comportamentale. Si chiama cultura dell'illegalità e qui ci ha messo le radici pur se indossa poi l'abito da sera».