Romagna, nel paese dei soccorsi fai-da-te: «E ci rubano le idrovore». Turni di guardia durante la notte

Gli abitanti di Conselice: «Abbiamo atteso 6 giorni, poi ci siamo detti: ci pensiamo noi»

Romagna, nel paese dei soccorsi fai-da-te: «E ci rubano le idrovore. Turni di guardia durante la notte
di Alessia Marani
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Domenica 28 Maggio 2023, 22:08 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 14:47

«Vede, laggiù c’è la mia casa, fino all’altroieri c’erano ancora due metri d’acqua. Ma solo domani pomeriggio forse potrò riandare a vederla coi miei occhi. Ce la stiamo togliendo da soli l’acqua nelle nostre case e solo ora, piano piano, sta cominciando a scendere». È notte fonda al campo base di via Predola, nelle campagne di confine tra Conselice e Lavezzola, due comunità contigue, un’unica amministrazione. La puzza è micidiale e il rumore dei motori a scoppio che azionano gli aspiratori assordante. Qui nella terra degli “scariolanti”, coloro che nei primi del ‘900 arrivarono fino a Roma per bonificare le paludi di Ostia e del litorale pontino, i cittadini sott’acqua hanno deciso di fare da sé. «Dopo sei giorni dalla catastrofe trascorsi inermi ad aspettare che qualcuno portasse le idrovore per svuotare il “catino” della Bassa con le nostre abitazioni dentro, ci siamo detti: facciamo da noi». Daniela 46 anni, impiegata, madre di due ragazzi di 16 e 20 anni fa parte di un gruppo di centotrenta alluvionati che si danno il cambio in turni da 4 e 5 ore, giorno e notte, per far funzionare le idrovore che i privati hanno portato a Conselice. Si chiamano tra loro «i pompadoss» come la chat in cui Paolo Fenati, 54enne allevatore locale, li ha radunati. Come i loro antenati hanno escogitato un sistema ramificato che 24 ore su 24 pompa l’acqua dai campi e la reimmette nei canali, fino al Destrareno e al Santerno. Scura e putrida, arriverà fino a mare. Alle spalle ci sono gli stabilimenti del colosso del cioccolato, l’industria dolciaria Unigrà. 

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GLI SCIACALLI

Anche lui, Paolo Fenati, è stremato.

Ma continua a incoraggiare gli altri, a controllare senza distrazioni che tutti gli impianti funzionino. Qualcuno rabbocca il gasolio con le taniche. «Non bisogna mai distrarsi, dobbiamo evitare che si inceppino o che l’acqua da aspirare che corre in salita le blocchi. E poi, ci sono anche gli sciacalli. Potrebbero rubarcele o sottrarci il carburante. Vigiliamo anche per questo». Paolo e Daniela mostrano fino a dove arrivano le manichette delle idrovore. Un reticolo disseminato per i campi. 

IL SISTEMA IDEATO

«Abbiamo cominciato ad aspirare martedì - raccontano - ci siamo accorti che nessuno, dopo quasi una settimana, ancora aveva drenato l’acqua tutt’intorno e se non si fa questo, il livello di immersione delle abitazioni della zona Lombardina e delle altre sott’acqua, non scenderà mai. È un sistema di vasi comunicanti. Quindi abbiamo allestito dei campi base con le tende fornite di sedie, tavoli, brandine, acqua, e tutto quel che può servire per alleviare la fatica. Non mancano gli spray antizanzare, perché qui siamo davvero assediati». Tra loro ci sono piccoli imprenditori, dipendenti pubblici, maestre, ingegneri. Alle 12 e alle 19 arrivano i compaesani e i volontari che portano da mangiare. I turni vengono stabiliti in chat, di notte ci sono una o due persone, meglio mai una donna da sola. Se non altro per la fatica di sistemare idrovore e motori. Dopo i primi giorni di autofinanziamento, ora il carburante viene dato loro dal consorzio di bonifica. All’alba il livello dell’acqua finalmente scende ancora un po’ e si riesce a staccare una delle due idrovore. Si rallenta un po’ ma c’è ancora molto da fare. Paolo esulta, perché «finalmente è il primo segnale positivo». Ma la battaglia non è vinta. Alle 8 del mattino ecco arrivare un mezzo della protezione civile della Toscana: «Serve aiuto?». In coro la risposta: «Serviva prima, ora non più. Abbiamo dovuto sbrigarcela da soli». 

LA RABBIA

La rabbia è tanta. In molti se la prendono con la sindaca, Paola Pula che, all’improvviso, ha visto trasformarsi la sua tranquilla cittadina di provincia, in un luogo di catastrofe. «Il nostro Comune non aveva le idrovore», dicono al campo base. «Siamo stati abbandonati rispetto ad altre realtà», ne sono tutti convinti. Un anziano di Lavazzola è furioso: «Da noi c’è l’ordinanza che ha chiuso tutti i negozi, neanche la farmacia è aperta. Dove faccio la spesa?». A Conselice bisognerebbe lasciare le case con danni d’alluvione, una misura di prevenzione igienico-sanitaria, ma in molti non l’hanno voluta rispettare. «Ma come facciamo ad andarcene? Chi toglie l’acqua dalle case?». Domani il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà nell’Emilia Romagna ferita. Pensare che la residenza estiva dei Capi di Stato è a Castelporziano, proprio dove una volta c’erano le paludi bonificate dai ravennati. «Che venga da noi a vedere con i suoi occhi», l’appello dei pompadoss. 
 

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