Bunker scoperto in un acquedotto romano: salvò vite durante la Seconda Guerra Mondiale

Team di speleo-archeologi ha intercettato un rifugio antiaereo sotto Tivoli all'interno di un monumento antico: la sorpresa durante l'ispezione di cantine

Bunker scoperto in un acquedotto romano: salvò vite durante la Seconda Guerra Mondiale
di Laura Larcan
4 Minuti di Lettura
Venerdì 26 Maggio 2023, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 10:34

Tutto è iniziato da una ispezione negli scantinati di una palazzina in viale Mannelli. L’occhio esperto, le tracce di murature antiche, una buona dose di intuito e quell’aura di fatalità che accompagna spesso le imprese degli speleologi. La sorpresa è stata tanta quando l’équipe dei ricercatori professionisti del gruppo Sotterranei di Roma ha intercettato un autentico rifugio antiaereo nascosto nelle strutture di un millenario acquedotto romano. Se gli antichi architetti e ingegneri costruivano per l’eternità, la scoperta di Tivoli ne è la prova, visto che le murature titaniche che un tempo traghettavano acqua dall’alto corso del fiume Aniene per decine e decine di chilometri fino al cuore di Roma, sono stata trasformate e riadattate anche durante la Seconda Guerra Mondiale quando Tivoli finì nel mirino dei bombardieri degli Alleati in quella mattina del 26 maggio del 1944. Anniversario che sarà ricordato proprio oggi, con una cerimonia in piazza Campitelli (alle ore 11).

IMPRESA DA ROMANZO

L’impresa, degna di un romanzo, partiva da alcuni indizi chiave: la presenza di murature antiche incastonate negli scantinati della palazzina privata di viale Mannelli.

Documenti alla mano, già uno studio dell’archeologo Zaccaria Mari della Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Roma ipotizzava che quelle tracce murarie appartenessero alle gallerie dell’ Acquedotto Marcio. Il team dell’associazione Sotterranei di Roma, guidato da Luca Messina e Federico Bruschini, era impegnato proprio a ricostruire l’esatto tracciato di quel monumento grandioso.

Scoperto "bunker" nascosto in un acquedotto romano: salvò vite durante la Seconda Guerra Mondiale

Ed è stato durante le indagini in ambienti ipogei che gli speleologi si sono imbattuti in un ritrovamento inatteso. Scesi nelle cantine (grazie alla cortese disponibilità del proprietario Maurizio Pozzilli), entrati nell’antico acquedotto attraverso un breve tunnel e una breccia, hanno percorso poche decine di metri trovandosi di fronte ad una curiosa “barriera”. «Lo spettacolo era quello di due mezze pareti costruite con dei foratini sui lati del condotto che, sfalsate in rapida sequenza, costringevano ad uno scomodo slalom per poter proseguire», raccontano gli speleologi.

BARRIERE ANTISOFFIO

Che cos’era? Un sistema caratteristico e dalla funzione inequivocabile: «quella di schermo “antisoffio” e compartimentazione delle strutture dedicate alla protezione antiaerea. Le mezze pareti infatti, pur consentendo il passaggio delle persone, avrebbero invece “spezzato” il lungo acquedotto romano e attutito gli effetti diretti provocati dallo scoppio di una bomba nelle vicinanze, come lo spostamento d’aria e lo spargimento di schegge». Un ambiente angusto e claustrofobico. La memoria di questo luogo si era affievolita. Persa nell’oblio del tempo. Ma qui vanno immaginati gli abitanti della zona di viale Mannelli, stipati per giorni al freddo, con la fame e la paura. Il riadattamento a rifugio dell’ acquedotto romano sotto viale Mannelli fu opera dell’intraprendenza di alcuni privati cittadini lungimiranti.

I CARTEGGI

«I carteggi attestano che a Tivoli la predisposizione delle strutture di protezione antiaerea fu tardiva e insufficiente, basata su una dozzina di grotte e gallerie, tanto che la popolazione per scampare all’arrivo delle bombe che veniva annunciato dalla sirena sulla torre civica si vide costretta ad arrangiarsi», spiega Lorenzo Grassi, giornalista e fondatore del Network Italiano Bunker e Rifugi Antiaerei. «Il ricovero realizzato nel profondo acquedotto romano, invece, pur trovandosi a pochissima distanza dall’obiettivo del raid, che era lo svincolo della Tiburtina vicino a piazza Garibaldi, dimostrò un’ottima resistenza e non riportò alcun danno», precisa Grassi. Le bombe non risparmiarono invece le chiese del centro storico, l’ospedale nel Convitto Nazionale e quelli che oggi sono siti Unesco.

© RIPRODUZIONE RISERVATA