Rigopiano, 29 morti senza giustizia: il processo deve ancora partire

Indagini interminabili, perizie lente e veleni: l’anniversario alla vigilia dell’ennesimo rinvio

Rigopiano, 29 morti senza giustizia: il processo deve ancora partire
di Paolo Mastri
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Sabato 15 Gennaio 2022, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 13:38

PESCARA - Maledetto. Come definire altrimenti, a cinque anni da una tragedia civile fra le più gravi della storia recente, un processo ancora impantanato nelle schermaglie dell’udienza preliminare, dopo un’inchiesta condizionata dall’ombra del depistaggio di Stato e da veleni tra organi di polizia giudiziaria che hanno rischiato di aggiungere altro sangue alla storia di Rigopiano. Più che il 18 gennaio, martedì prossimo, ennesimo anniversario di tante lacrime e nessuna giustizia, a pesare stavolta è un’altra data, venerdì 28, prossima udienza destinata a risolversi in un rinvio, con i familiari delle vittime costretti a fare tappezzeria. Chiedono altro tempo i super consulenti incaricati dal Gup Gianluca Sarandrea di indagare le cause della valanga che distrusse il resort di lusso, lasciando sotto le macerie 29 morti e 11 superstiti con ferite nel corpo e nell’anima. Tre mesi almeno per sciogliere il nodo che aleggia sull’intera vicenda processuale, 30 imputati in gran massa orientati verso il rito abbreviato, uno soltanto in attesa del probabile rinvio a giudizio con il rito ordinario, vari livelli istituzionali coinvolti.

Le scosse di terremoto del 18 gennaio 2017, tre botte da 5.1, 5.0 e 4.3 gradi Richter tra le 10,25 e le 14,33, l’ultima appena due ore e un quarto prima della tragedia, hanno contribuito a mettere in moto la valanga? Dicono di no i consulenti della Procura, da tempo interpellati sul punto.

Sostiene il contrario uno studio scientifico di tre docenti della d’Annunzio a base della richiesta di perizia d’ufficio avanzata dalle difese, precondizione per il consenso al rito alternativo, garanzia di tempi brevi verso la sentenza. Ma soltanto in teoria, di fronte a un calendario che comincia a farsi stretto, dietro i tempi lunghi della prescrizione del reato base di disastro colposo. È uno dei legali di parte civile, Wania Della Vigna, in prima linea anche nei processi per i crolli dell’Aquila e Amatrice, a ricordare che l’omicidio colposo, ipotesi dirimente ai fini dei risarcimenti, cadrà in prescrizione fra due anni e mezzo: «Questo - dice - è quanto ci resta per consumare tutti e tre i gradi di giudizio». Sarà una corsa contro il tempo, anche perché nulla esclude che i consulenti del giudice, due ingegneri e un nivologo del politecnico di Milano, possano alla fine chiedere più dei tre mesi di supplemento appena concessi.

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INTENTI DILATORI
Al netto degli intenti dilatori delle difese, già sperimentati in ogni snodo delle indagini preliminari, la posta in palio della superperizia è la prevedibilità dell’evento e la conseguente articolazione di doveri di intervento e livelli di responsabilità. A stringere, se la valanga fu causata soltanto dalle eccezionali nevicate di quei giorni, bollettini e meteo e monitoraggi delle sale operative di Prefettura e Protezione civile avrebbero dovuto determinare l’attivazione immediata della macchina dei soccorsi, che invece si mosse intorno alle 20, tra l’altro dopo la vergogna delle telefonate bollate come «parto di imbecilli». Se c’entra il terremoto, l’imprevedibilità dell’evento offrirà un appiglio a molti degli imputati, sia pure nella difficoltà di aggirare il dato processuale delle richieste di evacuazione partite fin dal mattino dall’albergo isolato, proprio sul presupposto del panico creato negli ospiti dalle scosse.

FRANTUMAZIONE
Articolato, oltre che numeroso, il lotto degli imputati. Dal sindaco del piccolo Comune di Farindola Ilario Lacchetta, sotto accusa insieme al predecessore Antonio De Vico, durante il cui mandato furono autorizzati ristrutturazione e ampliamento dell’Hotel Rigopiano, diventato buen ritiro montano di vip, attori e ospiti di riguardo, fino all’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco e al prefetto dell’epoca Francesco Provolo, con l’immancabile contorno di funzionari e dirigenti. È quello che resta dopo la scrematura di 22 posizioni archiviate, fra le quali ex governatori e assessori regionali alla protezione civile inizialmente indagati per la mancanza della carta di pericolo valanghe. Per dire che difficilmente, anche dopo il parto della superperizia, il processo ingranerà finalmente la quinta. Sarà inevitabile la frantumazione del fronte degli imputati in una guerra tutti contro tutti alla ricerca del fusibile su cui scaricare coscienze e responsabilità. Un gioco prevedibile che potrebbe puntare verso la base o il vertice della catena istituzionale. 
 

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