Riaperture, settimana chiave: ristoranti e centri sportivi gli osservati speciali. Nei ristori prestiti allungati

Riaperture, settimana chiave: ristoranti e centri sportivi gli osservati speciali. Nei ristori prestiti allungati
di Andrea Bassi e Marco Conti
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Martedì 23 Febbraio 2021, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 16:01

Non è stato mai facile trovare un equilibrio tra le due emergenze, ma dopo un anno di bollettini quelli sanitari cominciano a pesare quanto quelli economici. Sarà anche il cambio nella composizione della maggioranza, e in qualche ministero chiave, che la pressione per misure di contenimento più ponderate trova sponde nel presidente del Consiglio. 

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L’appuntamento è per il 5 marzo quando scade il Dpcm di Conte e occorrerà metter mano ad un nuovo decreto che segni una certa discontinuità con il passato, pur tenendo in considerazione i numeri della pandemia. Uno screening dei settori maggiormente colpiti dalle chiusure è in corso a palazzo Chigi e serve non solo per mettere a punto il decreto ristori, ma anche per capire se qualche attività può essere riaperta o non più penalizzata nell’orario. Semplificare tabelle e cambiare i parametri, come chiedono le Regioni, ma sempre con un occhio ai numeri sulla circolazione del virus. È per questo che Draghi attende il report del venerdì dell’Istituto superiore di Sanità - con tanto di valutazioni sulla pericolosità delle varianti - prima di metter mano a nuovi criteri che potrebbero permettere, in alcune zone, la riapertura anche ad attività che non hanno mai riaperto, come le palestre, cinema e teatri o che hanno forti limitazioni, come i ristoranti.

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Intanto il neo ministro dell’Economia Daniele Franco sta iniziando a lavorare al dossier ristori. Il decreto c’è, ma è quello lasciato in eredità dall’ex ministro Roberto Gualtieri. Se la decisione sarà di accelerare e forzare i tempi, anche per andare incontro alle richieste arrivate dalle Regioni, sarà difficile scostarsi molto dall’impianto del provvedimento di 37 miliardi predisposto dal precedente governo. Del quale alcune cose sono ormai note. La prima è che il meccanismo dei codici Ateco sarà superato. Gli indennizzi terranno conto dei costi fissi delle attività chiuse: gli affitti, il personale, le bollette energetiche. Ma dal conteggio del “ristoro”, dovranno essere sottratti gli aiuti già erogati, come la Cassa Covid o i crediti di imposta sulle locazioni.

Resterà il principio secondo cui per avere accesso all’aiuto pubblico, bisognerà aver subito una perdita di fatturato che al momento oscilla tra il 33% e il 50% nel 2020 rispetto al 2019. Ma la novità che potrebbe emergere in realtà è un’altra. Al Tesoro ci stanno lavorando sottotraccia, anche perché per poterla attuare servirà un via libera da parte della Commissione europea.

L’intenzione è di allungare le scadenze dei prestiti garantiti dallo Stato attraverso la Sace con il programma «Garanzia Italia» e dal Mediocredito Centrale. In quest’ultimo caso, la cui fetta più grossa riguarda i finanziamenti fino a 30 mila euro, in realtà, il periodo di ammortamento è già salito da 10 a 15 anni. Per quanto riguarda la Sace, ha garantito prestiti per 21 miliardi di euro, ma in teoria potrebbe arrivare fino a 200 miliardi. È previsto che il rimborso delle somme avvenga in sei anni, oltre a un preammortamento di tre anni, come previsto dalle regole europee del Temporary Framework. Ma lo stesso regolamento, previa notifica alla Commissione, dà la possibilità di proporre scadenze diverse. A spingere per un allungamento dei rimborsi, è anche Confindustria. In un report del Centro studi di qualche settimana fa, viale dell’Astronomia ha ricordato che nel 2020 il credito bancario alle imprese ha registrato un balzo (+7,4% annuo a ottobre), spinto dai prestiti emergenziali con garanzie pubbliche, arrivati oggi nel complesso a circa 150 miliardi di euro.

L’allungamento delle scadenze servirebbe a dare fiato alle imprese. Nei 37 miliardi messi a disposizione del decreto “scostamento”, 5 erano stati già accantonati per esentare le aziende dal versamento delle tasse congelate durante i vari lockdown e fatte slittare ad aprile. Questa dovrebbe essere una seconda gamba del provvedimento. Mentre la terza riguarderebbe le cartelle esattoriali. Se entro il 28 febbraio non arriverà un nuovo stop alla notifica degli atti, dal primo marzo l’Agenzia delle Entrate, dovrà iniziare a consegnare 54 milioni di raccomandate tra cartelle e avvisi. Nel testo sui ristori c’è un rinvio di altri 2 mesi. Ma se il provvedimento non dovesse arrivare in tempo, è già previsto un nuovo decreto ad hoc. 
 

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