Riaperture, epidemiologo Vespignani: «Avrei usato più cautela con le frontiere»

L'epidemiologo Vespignani: «Avrei usato più cautela con le frontiere, non conosciamo le condizioni di altri paesi»
di Rosario Dimito
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Lunedì 1 Giugno 2020, 00:51 - Ultimo aggiornamento: 10:01

«Sarei stato più cauto con le riaperture delle frontiere con gli altri paesi esteri, perchè non abbiamo un controllo sulla situazione epidemiologica delle altre nazioni: ci sono paesi come la Svezia che hanno lasciato espandere l’epidemia. Quanto alla posizione della Grecia, i test sui viaggiatori sono discutibili. La Grecia si sta muovendo in modo molto prudente rispetto a situazioni epidemiologiche che sono al di fuori del loro controllo. Sugli spostamenti infraregionali ha fatto bene il governo ad autorizzarli perchè ci sono regioni virtuose. La Lombardia non è in una fase espansiva del virus. Bisogna fare delle prove». 
Alessandro Vespignani, romano, fisico informatico, docente all’Università di Boston, è uno dei massimi esperti di epidemiologia computazionale. Figlio del pittore Renzo, è discendente dell’architetto Virginio, che ha progettato tra l’altro, la facciata di Porta Pia. Pur vivendo negli Usa, segue da vicino le vicende italiane. Con il Messaggero, via Skype, ha commentato le riaperture definitive delle attività.

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Il governo con una forzatura ha deciso di riaprire l’Italia dal 3 giugno. E’ giusto visto ci sono regioni come la Lombardia ancora a rischio?
«Noi non possiamo immaginare una situazione dove non ci sia più rischio. Dobbiamo immaginare che nel futuro dobbiamo essere capaci di gestire situazioni in cui abbiamo infezioni, non le facciamo diventare epidemia su larga scala. Molte regioni hanno avuto casi zero, hanno paura che l’epidemia venga reintrodotta, arriverà dall’estero. Bisogna vivere situazioni in cui se dovessero esserci nuovi casi, saremo in grado di circoscriverli».

Ci sarà una seconda ondata in autunno, con la stessa violenza?
«Ci sono rischi di una seconda ondata in autunno. La sua intensità dovrebbe essere minore perché sappiamo gestirla più di prima. La cosa importante è che siamo bravi e preparati, potremmo non avere una seconda ondata pericolosa».

Cosa fare?
«Utilizzare le tre T (Test, Tracciamento, Trattamento), un sistema di controllo e monitoraggio dell’epidemia che sta emergendo, come i controlli sull’indice RT. E meno casi ci sono, meglio può essere fatto questo lavoro. L’altra cosa è il comportamento delle persone, dipende da ogni singolo cittadino, mascherine, guanti, distanze sono misure che aiutano a non avere una espansione». 

Se dovesse verificarsi una risalita dei contagi in Italia da quale livello di RT bisognerebbe richiudere?
«Se Rt diventa maggiore di 1 suona un campanello di allarme e se diventa un trend costante e in espansione, vuol dire che bisogna riconsiderare le strategie di intervento».

L’app immuni non è ancora partita e si pensa di testarla su alcune regioni. Dalla sua esperienza in Usa è mai successo che un’applicazione presente nei market Apple e Google sia limitata nel download solo in alcune parti geolocalizzate? 
«Credo che testarla in alcune regioni significhi provare a fare programmi pilota su come usarla, lo stanno facendo in altri paesi. Spero siano test veloci».

Medici che operano sul campo dicono che il virus abbia perso di forza. La scienza ancora non ha preso una posizione certa e documentata riguardo a questa asserzione. Secondo lei? 
«Secondo me è un’asserzione che fino a quando non è comprovata da studi scientifici pubblicati è pericolosa, perché genera una condiscendenza, ci fa sottovalutare il virus, non aiuta a gestire l’epidemia e tenere alta la guardia».

Che pensa del test sierologico che sta facendo la CRI su un campione di 150.000 italiani?
«E’ molto importante per capire la diffusione sul territorio, spero ci siano i risultati prima possibile, che permetteranno anche di capire meglio il rischio di una seconda ondata».

Non tenendo conto della politica, quanto li si è meravigliato di vedere i cittadini italiani comportarsi in maniera rigorosa nel lockdown?
«Non mi sono meravigliato, credo gli italiani abbiano capito la gravità, non dimentichiamoci che stiamo parlando di oltre 30 mila decessi. Gli italiani sono stati e sono disciplinati anche adesso, almeno fino al 18-20 maggio. Vediamo se si continuerà ad avere cautela».

Le scuole riaprono a settembre e non è stato consentito chiudere l’anno scolastico, al contrario di altri paesi europei. Lei che ne pensa della didattica da remoto?
«Penso sia una cosa che non possa funzionare all’infinito, ma riaprire in corsa l’anno scolastico solo per qualche giorno sarebbe stato inappropriato. Bisogna, invece, assolutamente creare un sistema per la riapertura in autunno».
 

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