Tiziano Renzi, lunedì la sentenza per le fatture false: imputata anche la moglie

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Domenica 6 Ottobre 2019, 19:43 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 17:20

È attesa per domani la sentenza del tribunale di Firenze nel processo per presunte false fatture che vede imputati i genitori dell'ex premier Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, insieme all'imprenditore Luigi Dagostino. Davanti al giudice Filippo Gugliotta il pm Christine Von Borries formulerà le richieste di condanna. Poi, ci saranno le arringhe dei difensori e delle parti civili. E alla fine, salvo rinvii, ci sarà la camera di consiglio. Per questa vicenda, nel marzo scorso gli imputati erano finiti ai domiciliari. Le fatture contestate sono due: una da 20mila euro e l'altra da 140mila euro.

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Vennero pagate alla società Party srl (quella da 20mila euro) e alla Eventi 6 srl (quella da 140mila euro) nel luglio 2015. Secondo la procura, la seconda fattura, relativa a progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all'outlet del lusso "The Mall" di Leccio di Reggello (Firenze), sarebbe riferita a consulenze pagate ma mai effetturate L'altra fattura, quella da 20mila euro, risulta emessa dalla Party srl (unica fattura emessa nel 2015), società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% della quote) e dalla Nikila Invest, srl amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna dell'imprenditore Luigi Dagostino.

I fatti risalgono al 2015, quando Dagostino era amministratore delegato della Tramor, società che si occupava della gestione dell'outlet "The Mall". Dagostino avrebbe incaricato le società Party ed Eventi 6, entrambe facenti capo ai coniugi Renzi, di studi di fattibilità per lavori all'outlet. Durante il dibattimento in aula, un consulente tecnico citato dalla difesa, il commercialista Francesco Mancini, ha affermato che le due fatture oggetto del processo furono regolarmente contabilizzate.

Nell'udienza dello scorso 8 luglio Tiziano Renzi e Laura Bovoli hanno rinunciato a essere esaminati dalle parti nel processo. In quell'occasione il loro legale, l'avvocato Federico Bagattini ha dichiarato: «L'istruttoria dibattimentale ha già offerto il massimo degli argomenti difensivi. In particolare sono stati gli stessi ufficiali di polizia giudiziaria della guardia di finanza che hanno ammesso e riconosciuto che l'emissione delle fatture oggetto del processo non determinò alcun danno erariale, questo è quanto basta a nostro avviso per escludere la sussistenza di qualsiasi reato fiscale».

Il 15 luglio è stato sentito in aula Dagostino. «Il mio unico errore è stato non contestare quelle due fatture da 160mila euro. Una cifra esosa, che mi ha lasciato perplesso, ma che ho regolarmente pagato per sudditanza psicologica verso i genitori dell'ex premier», ha detto. «Si tratta di fatture regolarmente pagate - ha proseguito Dagostino - Gli affari con l'outlet di Reggello andavano bene, avevamo degli utili importanti, non mi è sembrato saggio mettermi a discutere con i genitori di quello che all'epoca era il presidente del Consiglio, ho pagato e basta. Dopo non ho più avuto alcun rapporto con Renzi e Bovoli».

«Se avesse ritenuto quelle fatture troppo alte per il lavoro svolto avrebbe dovuto non pagarle», ha replicato il legale dei Renzi. Il 15 luglio il padre e la madre di Matteo Renzi, tramite i loro avvocati, hanno depositato due memorie scritte: «O coniugi Renzi - ha spiegato Bagattini - hanno sostenuto quello che i loro difensori hanno già anticipato, e cioè che le due fatture sono assolutamente vere, relative a prestazioni effettivamente eseguite, e che tutte le tasse e le imposte relative a questa fatturazione sono state regolarmente versate».

«Ho sempre lavorato e dato lavoro: non ho avuto bisogno di avere il figlio premier per lavorare» e «chi dice il contrario mente» ha scritto Tiziano Renzi in un passaggio della memoria. «Non c'è nessuna fattura falsa - ha proseguito - solo tante tasse vere, tutte pagate fino all'ultimo centesimo». Il padre dell'ex premier ha aggiunto: «Mi indigno quando sento parlare di evasione, di lavoro nero, di assurdità che non mi hanno mai riguardato» e, «quando mio figlio è diventato presidente della Provincia nel 2004, la prima conseguenza è stata abbandonare tutti i rapporti con società partecipate di enti pubblici, a cominciare da quello con la Centrale del Latte di Firenze».

«Quello che è certo - ha invece scritto Laura Bovoli nella sua memoria difensiva - è che non ho truffato nessuno, ho sempre pagato tutte le tasse e ho seguito le stesse procedure che hanno consentito di lavorare per 35 anni senza nessun problema e creando qualche posto di lavoro. Io non sono "lady truffa". Non sono abituata alle telecamere e vivo con profondo disagio tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi.

Sono una nonna di dieci ragazzi e bambini e ho vissuto con dolore il modo con il quale i media hanno descritto la mia vita, arrivando persino a mostrare in diretta sui principali tg del Paese il mio interrogatorio. I social mi descrivono come una criminale. E se comprendo che alcuni membri della mia famiglia non abbiano possibilità di invocare la privacy in ragione delle scelte politiche che hanno effettuato, cerco - per quanto posso - di recuperare tranquillità per i miei nipoti».

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