ReiThera bloccato ma l'Italia cerca ancora il suo vaccino

ReiThera bloccato ma l'Italia cerca ancora il suo vaccino
di Mario Ajello
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Lunedì 17 Maggio 2021, 16:05 - Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 10:12

Nel governo dicono: è uno stop, per ora, ma il discorso sul vaccino italiano non è chiuso. Ricomincerà ma quando? E come? La situazione è ancora nebulosa ma nel Palazzo, e nelle istituzioni sanitarie che contano a livello italiano, si guarda alla vicina Francia - che un proprio vaccino lo sta producendo, anzi più di uno - e il confronto fa soffrire.

Il fatto è che la Corte dei Conti ha bloccato i fondi per ReiThera, il vaccino italiano in produzione a Castel Romano, e ancora non ci siamo ripresi da questo choc.

A causa del quale la biotech laziale, che sta lavorando a questo siero di produzione nostrana, non riceverà gli 81 milioni messi in campo nel gennaio scorso da Invitalia. Lo Stato in questa vicenda non ha fatto un bella figura. La gestione del tutto andava fatta molto meglio. E ora? Si tenterà di rimediare ma in presenza di un dato inoppugnabile: l’Italia è restata indietro su questa questione di primaria importanza per la salute e per la scienza e per il buon nome e le sorti del nostro Paese.

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Groviglio

Per un motivo o per l’altro, a torto o a ragione, per ora il vaccino italiano non c’è e ReiThera è rimasta impigliata in un classico groviglio iper-burocratico da tradizione nazionale e se - guardando lontano - vediamo Cuba volare, sulle ali dei propri vaccini, qui restiamo a terra. Eppure il siero ReiThera ha lo stesso principio attivo di AstraZeneca che, al netto delle polemiche e di qualche incidente, ha dimostrato di valere e di funzionare ovunque. 
E dunque, il progetto rischia davvero di arenarsi e di non terminare la propria sperimentazione. Infatti, senza la copertura finanziaria, l’azienda non potrà proseguire con la fase 3 della sperimentazione nè potrà avere l’autorizzazione all’uso. La sperimentazione di ReiThera ha appena completato la fase due con una sperimentazione su circa mille volontari.

Invitalia resta sul punto e difende la correttezza del proprio operato. Con Reithera - è stato spiegato in una nota - «abbiamo sottoscritto un Contratto di Sviluppo, un incentivo governativo da anni disponibile per sostenere gli investimenti produttivi in ricerca e sviluppo delle aziende italiane che decidono di investire nel nostro Paese». Il Contratto di Sviluppo è una procedura a sportello e finanzia le proposte inviate dalle aziende e ritenute meritevoli, secondo una procedura di legge: non è prevista, pertanto, né la pubblicazione di un bando né di una gara. E ancora Invitalia: «La Commissione europea ha approvato il contributo fornito dallo Stato a Reithera giudicandolo compatibile con le norme sugli aiuti di Stato. La proposta di Reithera è stata ritenuta meritevole di essere finanziata dal governo e da Invitalia».

L’investimento su ReiThera ha l’obiettivo non solo di supportare le fasi successive della sperimentazione del candidato vaccino ma anche di realizzare un sito produttivo sul nostro territorio che potrà essere, nel tempo, utilizzato per lo sviluppo e la produzione di farmaci. Il problema è che l’azienda di biotech riceve periodicamente rassicurazioni sul destino di quei finanziamenti, ma intanto le casse restano vuote.

Il "vaccino dello Spallanzani"

 

Ma c’è un altro aspetto che ha portato il vaccino ReiThera in cima alla cronaca recente. Tra i 26 centri coinvolti nella messa a punto del siero, l’Istituto per le malattie infettive di Roma, Lazzaro Spallanzani, era il nome più altisonante. Il coinvolgimento era tale che quello di Reithera era diventato per tutti “il vaccino dello Spallanzani”. Ma nella sperimentazione il nome dell’ospedale non compare. La spiegazione è che il nosocomio ha partecipato attraverso un “coordinating investigator”, e cioè una figura dello Spallanzani che ha contribuito alla redazione del protocollo. La sperimentazione potrebbe comunque continuare anche senza lo Spallanzani, se ci fossero i fondi. Un condizionale che genera amarezza perché, sostengono fonti vicine alla sperimentazione, il vaccino funziona ed è un peccato mollare alla fase 3.

Ora bisognerà capire come intenderà proseguire il governo ed in particolare il ministero dello Sviluppo Economico che aveva approvato il cofinanziamento a gennaio. La Corte dei Conti è stata chiara sottolineando che l’investimento è illegittimo e, dunque, nullo. Ma l’Europa ci guarda e il mondo anche: l’Italia senza un vaccino italiano non fa una gran figura. Specialmente, come si diceva, a paragone della Francia.  Lì ci si è messi in proprio e si è cominciato a  produrre, all’interno dei confini nazionali, i vaccini contro il Coronavirus. La produzione avviene all’interno di una serie di fabbriche subappaltatrici, che hanno siglato intese con le aziende produttrici di vaccini anti-Covid. Secondo le stime delle autorità sanitarie, l’obiettivo è fissato a 250 milioni di dosi entro la fine dell’anno. Un progetto che il presidente Emmanuel Macron ha definito «una questione di indipendenza». Le dosi francesi saranno destinate non solo al mercato interno, ma a tutti i Paesi europei. Magari anche al nostro che poteva avere ReiThera, magari lo avrà e intanto patisce lo stallo pur senza aver perduto la speranza. 

 

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