Lombardia e Piemonte, si complica riapertura per il 3 giugno: ipotesi quarantena per chi si sposta

Lombardia e Piemonte, si complica riapertura per il 3 giugno: ipotesi quarantena per chi si sposta
di Simone Canettieri
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Giovedì 28 Maggio 2020, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 07:16

La decisione sarà presa «solo davanti ai numeri delle pagelle sanitarie» attesi tra questa sera e domani. Così ripetono tutti: dal premier Conte ai ministri Boccia e Speranza. Nel governo però sembra farsi largo l'idea che, salvo clamorosi colpi di scena, sarebbe «davvero complicato» chiudere la mobilità di due regioni: Lombardia e Piemonte. Le stesse macro-aree dove anche ieri però si sono registrati gran parte - oltre i due terzi - dei casi di nuovi contagi.

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L'idea di Palazzo Chigi è di riaprire tutto dal 3 giugno, lasciando la possibilità alle regioni del Sud «di proteggersi». Come? Non è ancora chiaro. E sarà oggetto di discussione alla conferenza dei governatori prevista nei prossimi giorni.

Serve appunto un accordo con i presidenti del Sud. Un tema non scontato, viste le posizioni molte nette di Sicilia e Sardegna. Christian Solinas, per esempio, insiste sul certificato sanitario di negatività al Covid-19 per chi passerà le vacanze sull'isola. Una soluzione che non piace affatto a Roberto Speranza, titolare della Sanità. Un niet ribadito in tutti i modi.

Dal ministero di Francesco Boccia si spingono anche oltre a proposito della possibilità che i governatori chiudano i confini a chi viene dal Nord o applichino forme di controllo. L'articolo 120 della Costituzione parla chiaro: «La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale».

Questo significa che qualsiasi iniziativa dovrà essere comunque concordata con il governo centrale, non si potranno creare «stati e statarelli».
 



L'ALTRA IPOTESI
C'è comunque un piano B che il governo accarezza. Se i dati della Lombardia e del Piemonte dovessero essere comunque problematici, come da trend attuale, questi due territori potrebbero aspettare una settimana - quindi dal 3 al 10 giugno - per uscire dai propri confini. Ma con un'accortezza non banale. E cioè l'obbligo di quarantena nei territori raggiunti: due settimane a casa per capire se sono positivi. Un modo disincentivare gli spostamenti. Il dibattito ancora in corso si incrocia però con un altro dossier: quello sulla data del voto per le sei regioni che hanno spostato l'appuntamento elettorale previsto in primavera. Ieri sera si è svolta una conferenza della ministra Luciana Lamorgese con i presidenti interessati all'appuntamento. Il vertice è finito male: fumata nera. Con il secco no di Vincenzo De Luca (Campania) a votare il 20 settembre, come invece proposto dal Viminale.
Una tensione che ha spinto, in maniera bipartisan, cinque presidenti su sei a scrivere una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La proroga della data delle elezioni regionali, che «può essere giustificata solo da ragioni sanitarie ed emergenziali, sta assumendo i contorni di una decisione politica e, ci sia concesso, basata sulla convenienza di parte, che a nostro avviso non può giustificare la compressione dell'autonomia legislativa regionale e il diritto di voto degli elettori», è la lettera firmata dai governatori di Campania, Puglia, Veneto, Liguria e Marche, indirizzata al Colle. Una tensione nel governo che preoccupa l'esecutivo, e soprattutto Boccia. E che potrebbe avere ricadute sull'altra trattativa, quella del via libera alla mobilità prevista dal 3 giugno. Nulla è dato per scontato e anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è preoccupato: «Per la ripresa del turismo dobbiamo mandare messaggi chiari»..

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