Reddito di cittadinanza, Troncone (procuratore Napoli Nord): «Autocertificazione, assist per i furbetti»

Reddito di cittadinanza, Troncone (procuratore Napoli Nord): «Autocertificazione, assist per i furbetti»
di Antonio Crispino
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 07:26

«Occorre rivedere la legge sul reddito di cittadinanza, così com'è lascia spazio a troppi abusi e anche quando individuiamo i truffatori non sempre è possibile la restituzione di quanto hanno sottratto».
Lo dice Maria Antonietta Troncone, il capo della procura di Napoli Nord. È quella in cui ricade il comune di Sant'Antimo, ossia l'epicentro della truffa dei pachistani che ricevono il reddito di cittadinanza. La sua Procura copre comuni come Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano d'Aversa, ossia il regno di mafiosi del calibro di Schiavone, Zagaria, Iovine, il cuore del clan dei casalesi.

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A quali abusi si riferisce?
«A quelli che derivano dall'assenza di documentazione.

Tutto si regge sull'autocertificazione che consente di sfruttare le debolezze della legge. È uno strumento che, in linea generale, può accelerare il corso delle procedure ma in questo caso genera abusi».

In concreto che cosa significa?
«Lì dove la legge prescrive di non avere condanne negli ultimi dieci anni per reati gravi quali mafia, terrorismo, 640 bis noi abbiamo trovato autocertificazioni false anche da parte di soggetti legati alla criminalità organizzata (di recente sono stati scoperti affiliati ai clan Schiavone e Zagaria con il sussidio, ndr). Questo è inammissibile».

Però il fatto che li abbiate stanati significa che tutto sommato il sistema funziona.
«No, non funziona. Sotto il profilo amministrativo i controlli sono carenti. Le do un dato. Siamo arrivati ad accertare l'indebita erogazione di circa due milioni di euro solo con riferimento ai procedimenti trattati dalla mia procura. Quando ci sono somme grosse sottratte allo Stato procediamo con i sequestri e sa cosa succede?».

Cosa?
«Che quando arriviamo spesso non troviamo più niente da sequestrare».



Succederà così anche per la banda di pachistani di cui abbiamo parlato sul giornale?
«Su questo preferisco non rispondere. Ci sono tre magistrati che indagano su queste truffe ma non possono occuparsi solo di questo. Qui abbiamo una percentuale elevata di comuni sciolti per camorra o per impossibilità di funzionamento. A questo scenario si è aggiunto il sussidio di Stato di cui si fa un uso massiccio in provincia».

Lei che cosa cambierebbe della legge?
«Escluderei le autocertificazioni. Ad esempio, si potrebbe imporre la presentazione del casellario giudiziario, prevedere un certificato di residenza ma anche un certificato storico di residenza. Questo impedirebbe quello che lei ha notato nella sua inchiesta e che noi vediamo molto più spesso nelle indagini: stranieri che non risiedono in Italia da dieci anni con il sussidio di Stato. E questo anche per altre etnie».

Dall'inchiesta de Il Messaggero si capisce bene che non mancano solo i controlli a posteriori ma anche quelli in fase di presentazione della domanda. Possibile che Caf, INPS e Poste non riescano a individuare almeno i furti di identità o le residenze fittizie?
«L'INPS ha raccomandato ai Caf di non limitarsi all'autodichiarazione per la residenza degli stranieri ma di chiedere quella storica, tuttavia è solo una raccomandazione, non è vincolante».

È vero che l'Inps per ragioni di privacy non può chiedere informazioni sui precedenti penali dei richiedenti?
«L'INPS può chiederle poi spetta alle procure valutare».

Quali sono i passaggi da fare?
«L'INPS informa le forze dell'ordine che a loro volta chiedono il nulla osta al magistrato il quale poi comunica gli esiti degli accertamenti all'INPS, solo dopo si possono bloccare i pagamenti. E non sempre. Un ufficio territoriale dell'INPS, al contrario, ritiene di dover aspettare la sentenza irrevocabile prima di sospendere gli accrediti».
 

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