Guttuso, Monet, De Chirico, il grande sacco della Rai: «Rubate 120 opere d’arte»

Guttuso, Monet, De Chirico, il grande sacco della Rai: «Rubate 120 opere d’arte»
di Giuseppe Scarpa
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Venerdì 11 Giugno 2021, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 12 Giugno, 09:05

È il sacco della Rai. Quadri originali sostituiti con false riproduzioni e poi venduti. “Semplicemente” rubati. O nella migliore delle ipotesi, persi. Sono quasi 120 le opere d’arte di cui non si ha più traccia tra dipinti e sculture di inestimabile valore. Il danno è milionario. Il sospetto che molte di loro siano state trafugate da dipendenti infedeli è molto più di un’ipotesi. Centoventi opere su un patrimonio che ne conta 1.500 tra tele, arazzi e sculture. È quasi un decimo insomma. 

Un saccheggio che riguarda tutte le sedi della televisione pubblica, da Nord a Sud, e su cui adesso stanno lavorando senza sosta i carabinieri tutela patrimonio culturale. Un’indagine partita dopo una denuncia dei vertici della Rai che hanno deciso di fare luce sui mancati ritrovamenti di un centinaio di pezzi. 
Nella Capitale il pubblico ministero Francesco Marinaro ha già avviato la maxi inchiesta e ha individuato anche il ladro del quadro “Architettura” del pittore Ottone Rosai.

Un’opera sottratta proprio da un impiegato (adesso in pensione) di Viale Mazzini. Intanto anche le procure del nord Italia si apprestano a seguire il percorso iniziato da Roma. 

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Il caso

Per fare solo alcuni esempi, non si ritrovano più quattro miniature, alcune in bronzo e altre in argento, del “Cavallo” dello scultore Francesco Messina. Per essere chiari si tratta della versione, in scala ridotta, del celebre cavallo di Viale Mazzini sempre dello stesso autore. O ancora la tela di Giovani Stradone “Il Colosseo”, di cui non c’è più traccia dalla sede in Prati a Roma a partire dal 2008. L’ultima volta che sono stati ammirati in Viale Mazzini “Vita nei Campi” di Giorgio De Chirico e “La Domenica della Buona Gente” di Renato Guttuso correva l’anno 2004. Stessa sorte per il “Porto di Genova” di Francesco Menzio assente dalla sede torinese di via Verdi dal 2010. 
Anche “Composizione” di Carol Rama, “Kovancina” di Felice Casorati, “Dieci anni di televisione in Italia” di Vincenzo Ciardo, “Castello d’Issogne” di Gigi Chessa, “Giuditta” di Carlo Levi, “Parete Rossa” di Sante Monachesi, “Piazza” di Luigi Spazzapan, “Tristano e Isotta” di Massimo Campigli, “Tela Bianca” di Angelo Savelli, “Apologia del Circo” di Giuseppe Santomaso, “Orfeo” di Gianni Vagnetti, “Serata d’Epifania” di Achille Funi e “Numeri” di Ugo Nespolo, mancano all’appello. 
C’è poi il capitolo relativo alle stampe di Modigliani, Sisley, Corot, Monet e Piranesi (in questo caso è una riproduzione). Di questi artisti sono scomparse nell’ordine “Petit Fils”, “Hampton Court”, “La Route de Sevre”, “Paysage de Verneuil” e “Fontana Acqua Paola”.
Sono tutti lavori di pittori e scultori contemporanei che hanno un valore di mercato rilevante. In costante ascesa. Buona parte dei dipinti scomparsi nel nulla, secondo la ricostruzione investigativa, è assente dalle sedi Rai almeno a partire dal 1996. Questo fu l’anno in cui la televisione pubblica organizzò una mostra a Lecce: “Opere del Novecento Italiano nella collezione della Radiotelevisione italiana”. Ebbene gran parte di quelle tele oggi introvabili all’epoca erano esposte. 

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L’indagine

L’inchiesta di procura e carabinieri è nata dopo una denuncia dei vertici dell’azienda. L’intera vicenda, di cui Il Messaggero ha dato notizia lo scorso 4 maggio, sarebbe nata per caso. La scoperta di un quadro che si pensava essere originale e invece originale non era. Il rinvenimento della “patacca” nei corridoi della sede di viale Mazzini sarebbe avvenuto qualche mese fa, accidentalmente dopo che l’opera cadendo avrebbe rivelato la sua vera natura: nient’altro che una copia. Un pezzo di notevole valore economico del pittore Ottone Rosai che qualcuno aveva rubato e sostituito con una replica e poi venduto a 25 milioni di lire negli anni Settanta. Quel qualcuno che nella televisione pubblica, si è scoperto dopo una delicata indagine, aveva lavorato per decenni. Un Lupin che candidamente aveva ammesso, di fronte agli inquirenti, di essere stato il protagonista della ruberia. Un ladro che l’ha fatta franca, poiché i reati contestati, furto e ricettazione, sono tutti prescritti, visto che il colpo sarebbe stato messo a segno 40 anni fa. Ora l’interrogativo è se l’uomo sia stato emulato da altri colleghi. Di sicuro in Rai manca un controllo su questi beni. Il pericolo che altri furti possano essere messi a segno in futuro non è uno scenario remoto.
 

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