È uscito dal carcere ed è tornato allo stadio. Nemmeno gli 8 anni e 8 mesi trascorsi dietro le sbarre per avere ucciso un poliziotto durante una partita di calcio hanno fatto svanire la passione per il pallone. Antonino Speziale, l’ultrà del Catania condannato in via definitiva per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore capo Filippo Raciti, colpito dal lancio di un sottolavello in alluminio, ieri è stato identificato allo stadio di Catanzaro mentre entrava – insieme ad altri 40 tifosi etnei – per assistere all’incontro di Coppa Italia tra il team locale e la sua squadra del cuore. Al gruppo è stato sequestrato uno striscione. «Sì, stavo allo stadio ma non ci hanno fermato, ci hanno solo identificato», ha detto Speziale.
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La polemica
La presenza dell’ultrà allo stadio ha scatenato l’ira dei sindacati di Polizia, che si domandano come mai per il tifoso non sia stato disposto il Daspo. «È incredibile che non sia stato fatto un Daspo a questa persona.
Ma ecco i fatti. Il 2 febbraio 2007, in occasione del derby con il Palermo, diversi ultrà del Catania cercarono di sfondare il cordone di protezione delle forze dell’ordine allo stadio Angelo Massimino. Speziale, che all’epoca aveva 17 anni, e Micale, 23 anni, lanciarono contro la polizia un sottolavello in alluminio, centrando Raciti e procurandogli una lesione mortale al fegato. L’ispettore morì tre quarti d’ora dopo il ricovero in ospedale.
Il processo
Il difensore di Speziale, Giuseppe Lipera, ha chiesto la revisione del processo sostenendo la tesi del “fuoco amico”, secondo la quale l’ispettore sarebbe stato ucciso dall’impatto con una Land Rover della Polizia. Un’ipotesi che è già stata respinta da diversi giudici. Ieri, in relazione alla questione dell’ingresso allo stadio, il legale ha dichiarato: «Stavano entrando, hanno controllato i documenti a tutti. Nello striscione c’era scritto: Catania Curva Nord».
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