Stagionali introvabili, profughi ucraini "in soccorso" di alberghi e spiagge: ecco cosa accadrà in estate

Gli operatori: i rifugiati al posto di chi preferisce il reddito di cittadinanza

Stagionali introvabili, profughi ucraini "in soccorso" di alberghi e spiagge: ecco cosa accadrà in estate
di Gianluca De Rossi
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Giovedì 14 Aprile 2022, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 12:30

Sarà il tepore primaverile spinto dall'anticiclone africano che sta alzando le temperature dopo il freddo dei giorni scorsi, o forse solo l'avvicinarsi della Pasqua, ma in molti cresce la voglia di andare al mare. Ma come si potrà andare in spiaggia? Ci saranno ancora restrizioni dettate dalle misure di prevenzione per il Covid? La risposta l'ha data il Ministero della Salute: via distanze e numero chiuso sulle spiagge, e al mare, dunque, torna l'era pre Covid. Gli unici accorgimenti da rispettare sono privilegiare l'accesso agli stabilimenti tramite prenotazione, favorire le modalità di pagamento elettroniche, organizzare gli spazi in modo da consentire l'accesso agli stabilimenti in modo ordinato, senza code e assembramenti di persone, igienizzare gli spazi comuni, spogliatoi, docce, servizi igienici, lettini e sedie a sdraio. A Rimini, tuttavia, è stato deciso di mantenere le distanze tra gli ombrelloni introdotte nelle ultime due estati. Ma gli stabilimenti balneari sono pronti ad accogliere i turisti e i vacanzieri di prossimità?

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Il nodo lavoratori

Sono molti gli operatori a lamentare la carenza di lavoratori stagionali: «Difficile trovarli, quest'anno ancora di più», fanno sapere sia il Sib, il Sindacato balneari, sia Assobalneari. Ma dove non vogliono operare i lavoratori italiani si aprono le porte ai rifugiati ucraini, quelle persone scappate dalla guerra che quel lavoro lo accettano molto volentieri. E con lo status di rifugiato i cittadini ucraini potranno svolgere lavoro dipendente, stagionale o autonomo, perché l'accoglienza dei profughi ha forzato i limiti imposti ogni anno all'accesso al lavoro in Italia dei cittadini extracomunitari, spalancando le porte del lavoro a tutte le persone in fuga dall'Ucraina. Unico requisito il possesso della richiesta del permesso di soggiorno presentata in Questura e legata alla protezione temporanea Ue, protezione che dà diritto a un anno di lavoro, rinnovabile per altri due periodi di 6 mesi ciascuno. «In tutta Italia abbiamo aperto le porte degli stabilimenti a chi fugge dalla guerra - dice Enrico Schiappapietra, vice presidente Sib -.

E non offriamo solo ospitalità, ma anche lavoro per sostituire quei lavoratori stagionali che preferiscono tenersi il reddito di cittadinanza e non lavorare».

 

Le mansioni

Quali lavori posso fare i rifugiati ucraini nel settore turistico e sulle spiagge? «Se parlano un po' di italiano possono fare gli assistenti nello stabilimento, accompagnando i bagnanti all'ombrellone, oppure gli steward agli ingressi, le baby sitter ai bambini in spiaggia - dice Riccardo Padovano Lacchè, presidente del Sib Abruzzo -. Oppure operare alla reception, in cucina o nel servizio di pulizia delle camere. Ho già assunto una persona fuggita dalla guerra: è una mamma 50enne di due ragazzi, parla inglese e mastica un po' di italiano. Mi ha chiesto un lavoro per il figlio 15enne, che ha portato con sé fuggendo dal Donbass, ma non l'ho potuta accontentare perché lui è troppo giovane, mentre il marito e l'altro figlio 18enne sono rimasti in patria a combattere».

Porte aperte ai profughi ucraini anche negli stabilimenti del Lazio: «Abbiamo già concretamente aiutato la popolazione ucraina inviando aiuti ma ora possiamo fare di più - dice Massimo Perin, Assobalneari Lazio -. In tutta Italia abbiamo deciso di aprire le porte ai rifugiati, che sono principalmente donne e bambini. Li accogliamo in spiaggia e ben vengano i lavoratori ucraini. Ad aprile e maggio andranno formati per operare durante la stagione a fianco ad altri lavoratori con vitto, alloggio e un buon stipendio garantiti».

Ivanka: «Per salvare mio figlio farò la cameriera»

di Paolo Travisi

Ivanka è scappata dall'Ucraina con suo figlio di 10 anni. Ha 34 anni ed è stata accolta a Rimini da Ivana, che vive da 12 anni in Italia e da 5 lavora come stagionale, insieme al suo compagno.
Ivana negli ultimi mesi ha fatto da interprete per l'Associazione Riviera Sicura, di cui fanno parte 300 hotel del territorio che, appena iniziato il conflitto in Ucraina, hanno aperto le porte a donne e bambini in fuga. Ivanka e il figlio di 10 anni, invece, Ivana li ha accolti in casa.
 

Ivanka, da quale città proviene?
«Kolomya, al confine con la Polonia, città non ancora colpita dalla guerra. Sono fuggita per proteggere mio figlio, perché non sappiamo cosa succederà».

Che lavoro svolgeva?
«Gestivo un ristorante di sushi».

Ha avuto proposte di lavoro a Rimini?
«Qui ci sono molte proposte, ma siccome non parlo italiano, posso lavorare come cameriera nelle stanze degli hotel sul mare o come lavapiatti. E grazie ad Ivana, con l'inizio della stagione turistica, inizierò a lavorare».

E cosa farà?
«Un lavoro part-time in un hotel. Inizierò dopo Pasqua, perché un'altra donna ucraina che lavorerà lì, ha un figlio di 12 anni che non sa a chi lasciare, così ci aiuteremo a vicenda: quando lei lavora io terrò suo figlio e viceversa. Qui siamo quasi tutte mamme e dobbiamo aiutarci».

Quanti mesi lavorerà?
«Penso fino a settembre, quando chiuderà l'hotel. Poi vorrei tornare a Kolomya. Ringrazio l'Italia, ma la maggior parte di noi, non vede l'ora di tornare in Ucraina».

In Ucraina chi ha lasciato?

«Mio marito, un militare che non è ancora stato chiamato a combattere. Per fortuna riusciamo a sentirci».

Ludmilla: «Ripago con il lavoro il cuore degli italiani»

di Stefano DascoliTito Di Persio

«Non voglio pesare sullo Stato italiano e sono grata al vostro popolo per come ci ha accolto. Posso garantire che tutte le donne come me vogliono lavorare e pagare le tasse. Ci piacerebbe ripagare, almeno in parte, il vostro grande cuore». A parlare, visibilmente commossa da un hotel di Roseto degli Abruzzi, è Ludmilla Motruk, 48 anni, scappata a causa dell'invasione dei russi da Mukacheve, una città nell'Oblast' della Transcarpazia. La donna era già stata in Italia a lavorare, più di venti anni fa.

Quando è tornata?
«Sono arrivata l'otto aprile, non volevo lasciare il mio Paese. I miei figli, preoccupati, mi hanno trovato un passaggio con una macchina e dopo due giorni di viaggio sono arrivata a Roseto degli Abruzzi».

Come mai non è fuggita prima?
«Credevo che la guerra sarebbe durata poco. E poi ho una figlia femmina sposata che è voluta rimanere insieme a suo marito in Ucraina. Sono proprietari di alcune concessionarie di macchine e non sono voluti scappare. Suo marito ora si è arruolato come barelliere».

Ha altri familiari al fronte?
«Mio figlio è un militare e sta combattendo in una zona nei pressi del Donbass. Non è proprio nella zona più calda, ma sono comunque preoccupata per lui. Grazie a internet riesco a sentire i miei ragazzi almeno una volta al giorno».

Come ha trovato lavoro in Italia?
«Ho chiesto a tutte le attività turistiche che stanno aprendo sulla costa per le vacanze pasquali. Mi hanno offerto un lavoro come donna delle pulizie in un residence, ma per iniziare devo attendere i documenti da rifugiata di guerra. Spero facciano subito, voglio darmi da fare».
 

 

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