Prescrizione, Ermini (Csm): «Serve una moratoria politica per cambiare il Codice penale»

Prescrizione, Ermini (Csm): «Serve una moratoria politica per cambiare il Codice penale»
di Barbara Jerkov
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 12 Febbraio 2020, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 14:50

Una «moratoria politica» per poter intervenire con la necessaria serenità su una riforma più complessiva della giustizia penale, a partire dal Codice Rocco. Perché non si può procedere, come sulla prescrizione, con riforme-spot. Ma, soprattutto, perché un tema che afferisce ai diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione va affrontato con un percorso condiviso e non nello scontro tra le forze politiche. Proprio mentre infuria la battaglia nella maggioranza, il vicepresidente del Csm, David Ermini, lancia un appello a sotterrare l'ascia di guerra in nome dei valori comuni.

Governo sull'orlo della crisi, magistrati e avvocati in trincea: pochi provvedimenti hanno suscitato tante critiche come la prescrizione lunga introdotta da Bonafede. Qual è il suo giudizio, presidente Ermini?
«Non posso che ribadire quello che il Csm ha già espresso nel suo parere allo Spazzacorrotti, seppur a maggioranza. Cioè che così com'era stata approvata, quella norma pone diverse criticità perché non risolve i problemi dei tempi della giustizia e va a incidere su principi come la ragionevole durata dei processi».

Prescrizione, Conte non forza: la strategia del premier tra mediazione e alleanze

Pd e M5S hanno concordato alcune modifiche: il cosiddetto lodo Conte bis potrebbe essere una risposta a questi rilievi?
«Quando ci sarà una proposta di legge sull'argomento daremo i nostri pareri, al momento non abbiamo ricevuto niente di ufficiale. Io insisto nel dire, a prescindere dal tema specifico della prescrizione, che nella tutela della giurisdizione e dei valori costituzionali tutti devono stare dalla stessa parte, avvocati, magistrati e accademici. Senza voler fare alcuna invasione di campo, il mio auspicio è che tutte le riforme che riguardano la giustizia siano il più possibile condivise».

Un auspicio che sembra echeggiare i ripetuti moniti alla coesione che arrivano da Mattarella, ma troppo poco ascoltati evidentemente visto il clima attuale.
«Ma non ha veramente senso che via via che cambia maggioranza si lavori per cambiare le norme sulla giustizia, che è un diritto di tutti i cittadini indipendentemente da come votano. Una vera collaborazione prevede da una parte gli operatori del diritto che lavorano per la giurisdizione e dall'altra una normativa che non assuma colorazioni di parte. Voglio essere ancora più chiaro: rendere la giustizia terreno di scontro politico non fa bene alla giustizia».

Epperò il legislatore, l'ha ricordato poc'anzi lei stesso, non ha tenuto in considerazione neppure il parere critico adottato a suo tempo dal Csm.
«Noi facciamo il nostro compito e lì si esaurisce, il Parlamento è sovrano. Le posso però aggiungere una mia riflessione tutta personale. Se si pensa che i problemi della giustizia si risolvano nel tema prescrizione, è evidente che non è così. Come è stato detto anche all'inaugurazione dell'anno giudiziario da tanti magistrati, i problemi della giustizia sono innumerevoli, a partire da quello delle risorse, che oggettivamente va migliorando anche se ancora non basta. Ci vorrebbe una sorta di moratoria politica per poter intervenire anche sul Codice penale».

Sta parlando della necessità una riforma più complessiva?
«Le tutele che andavano bene quando fu adottato il Codice Rocco non sono più attuali. Pensi solo alla truffa e all'appropriazione indebita che vengono punite con sanzioni irrisorie, oppure ci sono dei reati che oggi non esistono più o, al contrario, reati nuovi (come per esempio quelli informatici) che richiedono una riforma più organica. Lavorare sul Codice sostanziale e fare il tagliando al Codice di procedura dell'89 presupporrebbe però un'armonia maggiore tra tutte le forze politiche. Perché i Codici sono patrimonio di tutti e sulla giustizia, ripeto, non si può andare a colpi di maggioranza».

Il problema è che auspicando una revisione dei Codici lei introduce uno scenario perfino più complesso di quello attuale: se già si litiga sulla sola prescrizione lunga...
«Ma se non si fa così, se si procede sempre con interventi non organici, non si rivolvono i problemi. Del resto, ci sono principi condivisi, i principi costituzionali, a cui tutti facciamo riferimento. Poi, come è giusto che sia, si può discutere sulle norme, ma i principi e i percorsi per arrivarci devono essere comuni».

La riforma del processo penale, almeno quella, parrebbe essere a un passo dal primo via libera del Cdm, epperò finisce per passare in secondo piano travolta dalla polemica sulla prescrizione.
«Io non ho visto la riforma perché ancora non è stata formalmente depositata. Ma evidentemente tutto ciò che serve ad accorciare la durata dei processi è salutare, ho sentito per esempio parlare di un più ampio ricorso al patteggiamento... Quando avremo la bozza avremo modo di valutarla».

Viste tutte queste implicazioni, mi par di capire che condivide la richiesta, rinnovata anche dalle Camere penali: rinviare l'entrata in vigore della prescrizione lunga per poter prima sciogliere tutti i nodi che pone?
«Non è compito mio intervenire su questi aspetti e non mi permetto di indicare un percorso piuttosto che un altro. Dico solo che se si cerca di agire a fondo sui tempi del processo, arrivando alle ragioni sostanziali affinché la giustizia sia giusta, equa e veloce, siamo pronti a dare sempre il nostro contributo. Come le ho detto, auspico un clima molto diverso, di grande collaborazione, anche perché servirà del tempo non solo per l'approvazione delle norme ma anche per valutarne gli effetti concreti. Questo clima è essenziale per creare un percorso virtuoso».

L'altro giorno il premier Conte ha dichiarato di non essere «né garantista né giustizialista». Cos'ha pensato?
«Io ho già detto come la penso. Ci sono i principi costituzionali e a quelli si fa riferimento. Poi sugli ismi la scelta è personale».

Un'ultima domanda, presidente. Oggi con il Capo dello Stato al Csm ricorderete la figura di Bachelet a 40 anni dal suo assassinio. Cosa le evoca la sua figura?
«E' stato un uomo di grande cultura, un grande giurista. Ma la cosa che mi ha colpito di più di Bachelet rileggendo i suoi scritti è la prudenza. Una qualità che oggi andrebbe riscoperta: mai una parola in più, ascoltare tutti... pregi un po' scomparsi. Nonostante le grandi tensioni di quegli anni, il terrorismo nero, quello rosso, si sparava in strada, l'Italia rispose compatta. E' l'identità nazionale, quella vera, basata sulla memoria condivisa, che dovremmo saper ritrovare, tanto più quando parliamo di giustizia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA