Premio Messaggero per i giovani. Al via la seconda fase del concorso. Le parole dei primi tre vincitori

Premio Messaggero per i giovani. Al via la seconda fase del concorso. Le parole dei primi tre vincitori
di Raffaella Troili
9 Minuti di Lettura
Mercoledì 23 Dicembre 2020, 00:25 - Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 00:25

Potenza della scrittura. Per prendere le distanze, farsi conoscere davvero, provare a farci capire quel mondo e quegli anni unici inquieti e speciali che stanno vivendo. Il concorso letterario “Cosa è importante per me”, indetto dal Messaggero in memoria di Willy Monteiro Duarte ed Emanuele Morganti continua. C’è tempo fino al 20 gennaio per inviare gli elaborati, anche questa volta saranno scelti tre vincitori, ma continueremo a pubblicare i migliori. L’iniziativa è rivolta agli studenti del Lazio dai 14 ai 19 anni e punta a dar voce ai giovani di oggi e a capire quali sono per loro i valori dominanti. Ha il sostegno dell’Associazione nazionale presidi di Roma e del Lazio. 

Un modo per dar voce a un universo sconosciuto, paure, incertezze, sogni, in un mondo che corre troppo veloce, dove spesso ci sono famiglie difficili alle spalle o adulti sempre meno presenti.

Dove la socialità è difficile, dentro internet ci si può perdere. Così la scrittura può aiutare, tutti. A porsi domande e cercare risposte. Cosa è davvero importante? Stare insieme o stare bene con se stessi, la famiglia, l’amore, gli amici, lo studio, lo sport, il volontariato. Far parte di un gruppo? Sapere di poter contare sugli altri? Oppure il denaro, l’apparire, il lusso, mostrarsi potenti. Cercasi menti vive, forti, riflessive o più sensibili che si espongano attraverso la scrittura. Un momento di riflessione ma anche di emozione.

LE REGOLE

I partecipanti potranno presentare elaborati di loro produzione, scritti in lingua italiana e rigorosamente inediti. La lunghezza dei testi non dovrà superare le 2mila battute (compresi gli spazi) scritte con carattere Arial corpo 12. Il testo dovrà essere inviato in formato digitale (file Word o Pdf) all’indirizzo email concorso-letterario@ilmessaggero.it . Per partecipare sarà necessario allegare al componimento il modulo di partecipazione che sarà possibile trovare sul sito www.ilmessaggero.it/concorso-letterario. I vincitori saranno comunicati entro la fine dello stesso mese, con contestuale recapito del premio (un tablet e un anno di abbonamento all’edizione on line del nostro giornale). Gli elaborati saranno valutati da una giuria composta dal direttore Massimo Martinelli, dai vicedirettori Osvaldo De Paolini, Alvaro Moretti e Guido Boffo e dagli editorialisti Enrico Vanzina e Maria Latella. Seguirà entro febbraio una terza e ultima fase.
 

LE PAROLE DEI VINCITORI

Chiara Ponzi
«Troppi adeguano il carattere agli stereotipi»

«Chiara, ma che hai partecipato a un concorso? Hai vinto, mi ha detto mamma. I miei genitori non sapevano nulla, sono molto riservata». Poche parole, una classica adolescente, Chiara Ponzi, 15enne di Roma, al secondo anno di liceo scientifico presso l’istituto Torricelli in zona Battistini. 
Un premio dedicato a due ragazzi morti per mano di altri coetanei. Che non hanno saputo difendersi, non potevano. Casi isolati o è così che funziona?
«Purtroppo alcune persone non ci pensano due volte a tirare fuori la violenza. Io penso che sia assurdo che ancora ci si giudichi in base a differenze fisiche o caratteriali. Fermandosi all’apparenza, alla presa in giro, senza andare a conoscere il prossimo nel profondo».
Ma è davvero così “normale” prevaricare, usare violenza tra i giovani?
«Sì, c’è ancora tanto da lavorare su questo piano, io vedo tanti pronti a esplodere, li vedo eccome. Però c’è una buona parte di persone più calma e acculturata. Siamo metà e metà. Ma anche gli adulti fanno così».
C’entrano loro in questa storia?
«Certo, i ragazzi violenti e pronti a far del male, deridere sono stati educati in un certo modo dagli adulti, se sono così un motivo c’è». 
Le morti di Emanuele e Willy quanto ti hanno colpito?
«Ho seguito molto di più la storia di Willy. È brutto troppo assurdo: perché era uscito un sabato come tutti facciamo e si è trovato davanti a una cosa inaccettabile e ha voluto cambiare l’ordine di cosa stava succedendo e alla fine ci ha rimesso personalmente. Ed è spiazzante».
Ha avuto il coraggio di difendere un amico, mica è facile.
«Già perché la paura blocca. Ma quando leggo di questi fatti mi rendo conto che senza arrivare agli eccessi, molte piccole repliche sono ovunque. Prese in giro, emarginazione. Molti cercano di rispettare gli stereotipi che ci sono e cambiano il proprio carattere. E fanno i bulli».
Tu come vivi e come immagini il tuo futuro?
«Non mi aspetto più di tanto. Mi piace prendere la vita come viene e se arrivano delle occasioni le prendo solo se mi piacciono. Ho tante passioni, interessi, l’astronomia ultimamente. E la scienza. Anche scrivere mi piace, lo faccio sul giornalino della scuola».
Ma avrai sogni, progetti, seppure ancora confusi.
«Studiare. Essere felice. Non mi piace immaginare quello che succederà perché poi magari non succede e ci rimango male. Preferisco rimanga un mistero».
 

Stefano Marri
«Non sono riuscito a chiedere aiuto, ora amo aiutare chi è in difficoltà»

Stefano Marri, 15 anni, non è mai stato così felice.
«Mi sono sbloccato, ho sentito il bisogno di esprimermi, ho messo da parte quelle piccole vergogne che mi bloccavano nel dire certe cose ai miei genitori, impedivano di aprire un colloquio con loro. Si sono commossi, dicono che gli ho dato un’altra lezione di vita, come quando mi chiedevano una posizione anche se non doveva riguardarmi».
Di origini rumene, nato in Toscana, alle spalle almeno 12 trasferimenti di casa e scuola. Un’infanzia tormentata in famiglia, vittima di piccoli grandi episodi di bullismo fuori. Uno sfogo, il tuo, in cui hai messo dentro tutto compresa la rinascita.
«Quando la prof ha presentato il concorso ho pensato che era un’occasione per aprirmi, per alzare la voce. Ho buttato giù le barriere della vergogna, a voce non sarei stato in grado di dire ai miei certe cose. Frequento il professionale Mattei di Aprilia, il secondo anno, aiuto papà in officina, ma sogno il teatro, già lo faccio».
Cosa ti ha spinto a partecipare?
«Ho seguito tutte e due le vicende, un po’ più quella di Willy, ho cercato di documentarmi. Penso che ci sono molti altri casi di ragazzi che subiscono violenze e sono sul punto di farsi davvero male. Ora con i social è cambiato tutto, i più sensibili sono vittime da prendere di mira e sempre più persone sfogano la loro rabbia repressa on line. E questo succede anche nella scuola, non c’è distinzione anzi, forse a scuola è più pesante perché ci si vede fisicamente tutti i giorni. Anche più pericoloso».
Hai scritto di esser stato vittima. Dispetti, soprusi.
«Violenze sia verbali che fisiche, da piccolo, sia alle elementari che alle medie, non ho detto niente, non riuscivo a esprimermi in modo tale da farmi aiutare, avevo paura. Mi confidavo con dei miei amici ma non chiedevo aiuto».
Ora state tutti meglio.
«Sì e sono contento di averli aiutati. A me piace tanto intervenire, mi sento in dovere di aiutare chi sta in difficoltà, perché un tempo io non sono riuscito a chiedere aiuto. La mia felicità grande è stata proprio quando ho capito che potevo aiutare qualcuno, ho cominciato a farlo on line, a parlare con dei ragazzi, a dar loro consigli. E io ho capito che più mi apro e più sto bene, spacco barriere, per questo amo il teatro. Ho iniziato da poco, ma è una antica passione. Una volta finito il professionale e i laboratori teatrali voglio entrare in una scuola di teatro a Roma. Ho i modi e i mezzi per essere felice».
 

Alice Allegretti
«I bulli ormai sono ovunque: combattiamoli»

Non credeva di vincere, i testi di alcuni compagni erano stati pubblicati, a lei non era arrivato nulla. Alice Allegretti, 19 anni, di Zagarolo, studia ragioneria all’istituto Ambrosoli in via della Primavera. E fa un’analisi amara di ciò che la circonda.
Quanti altri branchi sei in grado di riconoscere?
«Ad oggi la violenza è scontata. Ci sono bulli a scuola, per strada, sull’autobus. La violenza è intorno a noi. Quello che è successo a Willy poteva accadere a me mentre difendevo un’amica».
Ci voleva un premio alla memoria di due ragazzi per scoperchiare la verità.
«È assurdo che se ne parli al momento e poi tutto viene dimenticato, non resta niente, non si ricordano certe tragedie e certe vittime come si dovrebbe. Nella vita ci insegnano valori che poi nel quotidiano non vengono messi in atto, specie da chi non ha una famiglia alle spalle e ne coltiva di sbagliati».
Si può agire di più sui giovani però.
«Io credo sia sbagliato che nelle scuole non si parli di certi temi, violenza, bullismo, anche sesso. Cose che noi ragazzi dobbiamo comprendere appieno, è importante parlare di cose che capitano al di fuori della scuola. Sarebbero importanti degli incontri di svago con esperti, psicologhe per parlare di argomenti che ci attirano». 
L’argomento ti interessa particolarmente.
«La prima vittima di bullismo sono stata io. Non voglio dire molto, diciamo ragazzi che prendevano in giro, alle medie. Ora rispondo, mi sono rinforzata, so difendermi. Spesso coloro che si mostrano forti, fanno i bulli, in realtà sono i più deboli, mascherano le loro insicurezze».
Adesso hai le idee chiare.
«E mi capita, a volte di prendere le parti del più debole, per esempio i ragazzi con il sostegno, di andare dal bullo e dirgli: che stai facendo?».
E tu che vuoi fare? Come pensi di vivere?
«Spero di sentirmi realizzata nella strada che deciderò di intraprendere, anche se ancora non sono sicura. E che chi mi vuol bene mi accetti per come sono. Perché per me alcuni valori sono essenziali: esempio, la famiglia, l’amicizia, l’amore. Quanto a Willy mi auguro che ci sia giustizia, che si lotti perché non riaccadano queste cose. Noi giovani siamo il futuro, se non lottiamo noi, chi lotterà?».
Tu lotti?
«Io lotto sempre, certo. Oggi abbiamo tanti strumenti sotto mano, usiamoli. Parlo dei social, io ho sparso la voce di questa iniziativa del Messaggero ne è nato un dibattito».
 

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