Premio Messaggero per i giovani. La parola ai vincitori: «Scrivere è una gioia»

Premio Messaggero per i giovani. La parola ai vincitori: «Scrivere è una gioia»
di Raffaella Troili
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Sabato 23 Gennaio 2021, 00:48 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 06:43

Le interviste dei tre vincitori della seconda fase del concorso dedicato alla memoria di Emanuele Morganti e Willy Monteiro Duarte: Alice Piergentili (15 anni), Lorenzo Leccese (18 anni) e Valeria Morelli (17 anni). L’iniziativa de Il Messaggero, rivolta agli studenti del Lazio dai 14 ai 19 anni, continua: nella terza fase i componimenti potranno essere inviati entro il 20 febbraio. La loro pubblicazione proseguirà. Il 22 febbraio è prevista la premiazione. I testi saranno valutati dalla giuria composta dal direttore Massimo Martinelli, dai vicedirettori, Osvaldo De Paolini, Alvaro Moretti e Guido Boffo e dagli editorialisti Enrico Vanzina e Maria Latella. 

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Beatrice Piergentili

«Da grande adotterò un bambino come Willy»

«Una ragazza, Beatrice, mi ha fatto una promessa ed io l’ho approvata facendo muovere il vento per farglielo capire» scrive Beatrice Piergentili nel suo testo vincitore in cui dà voce al giovane pestato a morte a Colleferro.

Quindicenne di Artena, frequenta il primo anno del liceo linguistico di Colleferro, ha una sensibilità spiccata e allo stesso tempo una forza tutta sua. «La vita e la sua fragilità la guarderò con gli occhi di Willy». 

Hai raccolto il suo messaggio, ma cosa hai promesso a Willy?
«Un giorno sono andata a salutarlo in piazza, ho lasciato un ricordo, un pupazzetto. Ho chiuso gli occhi e promesso: “Io da grande voglio adottare un bambino di colore per farti rinascere”. In quel momento ho chiuso gli occhi e ho sentito un soffio di vento davanti agli occhi, la treccia che avevo dietro la spalla si è spostata davanti. Sono tornata in macchina e l’ho raccontato a papà, a casa ero ancora scossa e mamma mi ha chiesto cosa avevo».

Al concorso hai partecipato due volte.
«Se non vincevo ero pronta con un altro argomento per riprovarci. Il bello è partecipare. Perché adoro fare i temi e perché da grande vorrei essere una giornalista, magari al Messaggero per questo ho scritto a voi. Al concorso ho partecipato per caso, c’era una pagina del giornale in tv, mamma si è accorta dell’annuncio, mi ha detto “provaci”. La prima volta ho scritto in forma più filosofica, la seconda di cuore ed ecco il risultato. Dovevo lasciarmi più andare».

Ti hanno colpito nel vivo le violenze subite da Willy ed Emanuele?
«Mi vengono sempre i brividi, mi sono venuti per tutti e due, sono molto sensibile a questo tema perché penso che tutti siamo uguali e non c’è bisogno di distinguersi, fare differenze. Tutti abbiamo un cuore, una testa. A modo nostro ma ragioniamo. E sono contro la violenza».

Cosa avresti fatto al posto di Willy? 
«Mi dovevo trovare al suo posto in quel preciso istante. Così su due piedi non so che dire».

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Lorenzo Leccese

«Per fortuna ci sono gli amici: la mia ancora di salvezza»

«Non siamo soli. Per fortuna ci sono gli amici». È la certezza di Lorenzo Leccese, 18 anni, studente di San Giovanni, iscritto al liceo scientifico Santa Maria a viale Manzoni, che ha raccolto la proposta della prof di italiano e si è trovato vincitore del concorso dedicato a Willy Monteiro Duarte ed Emanuele Morganti. 

Quanto ti hanno colpito queste tragedie? E quanta violenza c’è intorno a te?
«La violenza va contrastata in tutti i suoi aspetti, dal cyberbullismo a quella domestica. Non c’è giustificazione per nessuna sua forma e mi fa male solo pensare al volto di Willy, solare, caldo. Mi fa male pensare che quella sua espressione sia stata spenta da una vigliaccheria brutale, un massacro difficile da ripercorrere».

Così hai preso carta e penna e ti sei messo a nudo, con le tue incertezze e i tuoi punti di forza?
«Ho espresso il mio punto di vista, scritto quel che provo e sento. I miei amici sono stati un’ancora di salvezza, grazie a loro io mi posso sentire forte, esprimere la mia personalità e come sono realmente».

Nel tuo elaborato parli di questo particolare periodo, in piena pandemia.
«Mi sento un po’ disorientato, non ho idee su quello che accadrà, sul futuro che mi aspetta, sui prossimi studi, mi sto guardando intorno».

Non hai fretta, non è il momento di prendere il volo?
«Io ho scritto di getto quello che sento, perché ho provato in prima persona il disagio di questa pandemia. I miei genitori, medici del Bambino Gesù, positivi e rimasti in quarantena per giorni, colpiti anche i miei nonni, in particolare nonno è ricoverato allo Spallanzani. Sono passato per la trafila dei tamponi, insomma una vita anormale. E non mi aspettavo un riconoscimento, sono rimasto senza parole per la gioia».

Hai avuto tempo per riflettere e scrivere?
«La violenza la vivo tutti i giorni, specie quando esco noto situazioni pericolose. Non mi sono mai capitate personalmente, non sono stato oggetto di azioni brutali fortunatamente, ma non è mai successo nulla di grave proprio perché mi trovavo in compagnia dei miei amici».

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Valeria Morelli

«Il mio sogno? Diventare una brava giornalista»

Ha le idee chiare, Valeria Morelli, 17 anni, studentessa del quarto anno al liceo classico Giulio Cesare, residente al Nuovo Salario. «Ho partecipato al concorso perché il mio sogno più grande nella vita sarebbe quello di scrivere. Fare la scrittrice o la giornalista insomma. Così ho deciso da quest’anno di mettermi più in gioco, di espormi e non tenere solo per me questa passione». 

Sei uscita allo scoperto?
«Sì, ho cercato di trovare cose nuove, il concorso è stata una possibilità, non avevo grosse aspettative».

Come ne sei venuta a conoscenza?
«Un’amica di mia mamma che sa della mia passione per la scrittura gliel’ha segnalato. Quanto al tema a cui è dedicato del concorso, la violenza subita da due giovani, mi trovo spesso in contesti in cui le persone della mia età “glorificano” e quasi esaltano piccole forme di violenza tra giovani».

Non sono casi isolati?
«Ho tanti amici che hanno assistito a risse, se ne parla spesso, è un discorso entrato nel linguaggio comune dei ragazzi. Ecco penso che vada cambiato questo, il modo in cui si vede la violenza già nei minimi gesti, nei minimi atti. Anche se siamo una generazione un po’ svalutata, denigrata per questi nostri atteggiamenti, sono sicura comunque che tutte le persone della mia età hanno degli obiettivi, dei valori e dei principi».

E allora dove si perdono tanti tuoi coetanei?
«L’immagine della violenza va cambiata nella mentalità di tutti ma non va generalizzata una intera generazione che magari si riempie solo la bocca di certe cose, ne parla, fa battute. Perché c’è molto di più dietro ognuno di noi».

Come hai saputo della vittoria?
«Pensi che non avevo fatto caso alla mail in cui mi informavano che il testo prima poi di vincere era stato già pubblicato sul giornale. Quindi è stata proprio una sorpresa. Mia madre ha comprato il giornale e mi ha inviato la foto. Io ero a lezione, non me lo aspettavo per niente. Ma già il fatto che era stato pubblicato, per me era una vittoria».

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