Hanno «tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità offendendone la stessa dignità di persone», «commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta». Per questo ieri un ispettore e quattro agenti della questura di Verona sono finiti agli arresti domiciliari con l'accusa di tortura e - a seconda delle posizioni - di lesioni, falso, omissioni di atti d'ufficio, peculato e abuso d'ufficio. Altri 17 poliziotti sono indagati nella stessa inchiesta. Secondo l'accusa, molti di loro hanno picchiato le vittime con calci, schiaffi e pugni nei corridoi o nel cosiddetto "tunnel" («in quanto luoghi privi di impianti di videosorveglianza», spiega il gip), insultandoli con espressioni discriminatorie come «marocchino di m...», fino ad arrivare a spruzzare in faccia a un fermato dello spray al peperoncino. Uno degli indagati, dopo aver detto ai suoi colleghi presenti «so io come svegliarlo», ha urinato addosso a un uomo arrestato. In un altro caso, invece, i poliziotti hanno costretto una delle persone sottoposte a identificazione a urinare nella stanza, per poi spingerla in un angolo facendola cadere a terra e usandola «come uno straccio per pulire il pavimento».
PRESI DI MIRA GLI STRANIERI
Gli uomini della Squadra mobile scaligera hanno indagato in silenzio per 8 mesi sull'operato dei loro colleghi, con l'ausilio di registratori e videocamere, portando alla luce sette episodi di violenze avvenute tra le mura della questura a partire da agosto 2022. «Amara constatazione - scrive il gip di Verona Livia Magri - è quella per la quale i soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcool o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente "deboli": circostanza che, da un lato, ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall'altro lato ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza», «non essendo prevedibile nella loro prospettiva - si legge nell'ordinanza di arresto - che alcuna delle persone offese si potesse determinare a presentare denuncia o querela (come in effetti confermato dagli eventi) o che comunque potesse essere considerata attendibile e più affidabile degli atti» da loro firmati. Effettivamente l'inchiesta ha preso il via grazie a un'attività di intercettazione nei confronti di alcuni albanesi accusati di tentato omicidio e porto di armi da fuoco.
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