Polizia cinese, 11 stazioni attive in Italia: Xi cerca dissidenti in Europa. La denuncia: «Atti persecutori e minacce»

Uffici aperti con la scusa di aiutare i connazionali nel periodo del Covid

Polizia segreta cinese, 11 basi attive in Italia: Xi cerca dissidenti in Europa. La denuncia: «Atti persecutori e minacce»
di Vittorio Sabadin
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Martedì 6 Dicembre 2022, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 16:04

La Cina ha aperto 102 stazioni di polizia in decine di Paesi del mondo e undici di queste sono in Italia. Lo afferma l’ultimo rapporto di “Safeguard Defenders”, un’associazione non governativa con base a Madrid che da anni studia il problema della repressione cinese e denuncia l’indifferenza degli stati coinvolti. Le stazioni, che appaiono come normalissimi uffici, sono ufficialmente nate per aiutare i turisti e per svolgere pratiche burocratiche per i cinesi residenti all’estero. Ma secondo il gruppo spagnolo di difensori dei diritti civili sarebbero in realtà state istituite «per molestare, minacciare, intimidire e costringere cinesi emigrati, specie quelli considerati dissidenti a tornare in Cina per essere perseguitati».

IL DOSSIER
 

Il rapporto reso noto ieri aggiunge altri 48 paesi ai 54 già resi noti nel settembre scorso, e rileva che solo in 12 di questi, tra i quali il Canada, l’Irlanda, la Germania, l’Olanda e la Spagna sono state avviate indagini. Secondo il ministero degli Esteri di Pechino, invece, le stazioni sono state aperte per fronteggiare i problemi nati dal Covid, con molte persone bloccate all’estero dal virus e non più in grado di rinnovare i documenti. “Safeguard Defenders” sostiene però che il Covid è stata soltanto una banale scusa per aumentarne il numero di uffici, visto che decine di stazioni esistevano già dal 2016, e le prime sono state aperte proprio in Italia.
Secondo Laura Harth, una delle dirigenti del gruppo, gli stessi dati forniti dal governo cinese mostrano che in un solo anno 210.000 persone sono state “persuase” e convinte a tornare in patria.

«Quello che verifichiamo – ha aggiunto - è un aumento dei tentativi di reprimere il dissenso ovunque nel mondo, di minacciare le persone e assicurarsi che abbiano abbastanza paura da rimanere in silenzio, se non vogliono rischiare di essere rimandate in Cina contro la loro volontà». In molti paesi, denuncia l’associazione, la polizia locale collabora con gli agenti cinesi e in città come Zagabria e Belgrado si effettuano addirittura pattugliamenti congiunti. In Sud Africa un accordo bilaterale di sicurezza ha permesso l’istituzione di “Centri di servizi cinesi d’oltremare”. Si tratta, secondo “Safeguard Defenders” di paraventi illegali dietro ai quali si nascondono palesi violazioni dei trattati di estradizione e che servono al regime di Xi Jinping a reprimere il dissenso anche fra gli espatriati. Le due parole d’ordine delle nuove unità sarebbero “pattuglia e persuadi”, scova cioè i dissidenti e convincili a smetterla.


DA ROMA A MILANO
 

In Italia ci sono più di 330.000 cinesi e sono numerosi i casi di persone sparite improvvisamente nel nulla. Il rapporto reso noto ieri a Madrid dedica molte pagine al nostro paese e pubblica anche un paio di foto. In una due carabinieri pattugliano con cinesi in divisa un’area archeologica di Roma, nell’altra, pubblicata dall’agenzia Xinhua, una stazione cinese viene inaugurata alla presenza di un ufficiale di polizia italiano. Secondo il rapporto, i primi esperimenti di uffici di polizia cinesi all’estero sono stati fatti proprio in Italia dalla giurisdizione di Wenshou, che ha mandato i propri poliziotti a Milano sulla base di un accordo che magari non nascondeva nessun secondo fine come assicurano a Pechino, ma che forse andrebbe riletto oggi con più attenzione.
 

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