Pietro Morreale è rimasto in silenzio. Non ha risposto al pubblico ministero e ai carabinieri. Una scelta condivisa col suo legale che fino a tarda notte è stato con lui in caserma e l'ha poi accompagnato all'interrogatorio. Non una parola sulla tragica morte della fidanzata Roberta Siragusa, 17 anni, che proprio Pietro aveva fatto ritrovare ieri mattina in fondo a un burrone nella campagne di Caccamo. Insieme al padre era andato in caserma e aveva guidato i militari fino al corpo. «So dove è Roberta», avrebbe detto ai militari. Nessuna confessione, nessun dettaglio sulla fine della 17enne dunque. Ma il silenzio non gli ha evitato il carcere. La Procura di Termini Imerese lo ha fermato oggi con l'accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Palermo, Roberta morta a 17 anni. Gli amici del fidanzato: «Pietro geloso in modo ossessivo»
Il giallo
Contestazioni, quelle fatte dai pm coordinati dal procuratore Ambrogio Cartosio, che fanno dedurre che gli inquirenti abbiano elementi precisi a carico del ragazzo e che escludano l'accidentalità della morte.
L'autopsia
L'autopsia, invece, è stata fissata per domani al Policlinico di Palermo: parteciperà anche un consulente del legale della famiglia di Roberta che ha annunciato l'intenzione di costituirsi parte civile in un eventuale giudizio. Ieri, i magistrati hanno interrogato gli amici della coppia. Pietro e Roberta, sabato sera, erano andati a una festa e avevano litigato davanti a tutti. Il ragazzo era ossessionato dalla gelosia. Mesi fa, raccontano, aveva picchiato la fidanzata, ma negli ultimi tempi i rapporti sarebbero stati più sereni. Dopo la discussione i ragazzi hanno lasciato la comitiva dicendo che sarebbero tornati a casa. Roberta, però, non è mai rientrata e all'alba la famiglia ha provato a chiamare sia lei che Pietro al cellulare. Non ricevendo risposta i genitori hanno presentato denuncia. Poche ore dopo la tragica scoperta del cadavere. Domattina Pietro comparirà davanti al gip per l'interrogatorio di garanzia e l'eventuale convalida del fermo. La Procura chiederà per il ragazzo la custodia cautelare in carcere. «È una storia terribile», ha commentato il Procuratore di Termini Imerese. «Leggeremo il provvedimento», ha fatto sapere l'avvocato del ragazzo, Giuseppe Di Cesare. «Al momento non abbiamo nulla da dire», ha risposto ai giornalisti.
Gli insulti
Da quando la notizia della morte di Roberta è circolata, per il tribunale del web un colpevole già c'è. «Spero solo che tu marcisca in galera», scrivono sotto la foto che ritrae Pietro e Roberta abbracciati insieme sul profilo Facebook del ragazzo. Decine e decine di insulti e minacce. «Mi sa che campi male». E ancora: «Spero che qualcuno ti troverà e ti farà fare una brutta fine». «Spero di vederti in qualche sacchetto della spazzatura». «Se non muori in galera, morirari appena esci fidati..». Pietro è ora indagato per omicidio volontario.
Persino la squadra di arti marziali Kilroy team di cui Morreale, appassionato di kick boking, aveva fatto parte, si è dissociata: «Apprendiamo la notizia di una grave tragedia che vedrebbe coinvolta una persona che, in passato (8 anni fa) e per un breve periodo, ha fatto parte della nostra squadra sportiva. Questa »persona«, che si è macchiata (per sua stessa ammissione) di un orrendo crimine, riporterebbe, sul proprio profilo Facebook, di »lavorare« per noi. Ribadiamo che non abbiamo, ne noi ne nessuno dei nostri istruttori, nessun tipo di rapporto con questo individuo. Il nostro team condanna fermamente ogni tipo di violenza».
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