Pescara-Bari, una ferrovia bloccata da burocrazia e dai nidi di uccello. Faro della Corte dei conti

La ferrovia “ostaggio” dei ricorsi e persino degli uccelli fratini

Pescara-Bari, una ferrovia bloccata da burocrazia e dai nidi di uccello
di Michele Di Branco
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Mercoledì 8 Giugno 2022, 01:16 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 10:05

Una intera linea ferroviaria in ostaggio degli uccelli. Il completamento della Pescara-Bari, di cui si parla ormai da vent’anni, è legato al raddoppio della tratta Termoli-Lesina (32 km) della direttrice ferroviaria Adriatica Bologna-Lecce. Ma i lavori non procedono affatto perché ci si sono messi di mezzo ricorsi, carte bollate, ambientalisti, politici e persino, appunto, la scoperta di un nido di simpatici fratini, che ha rallentato le pratiche. Il progetto è inserito nel primo programma delle infrastrutture strategiche di interesse nazionale, approvato dal Cipe nel 2001. La Corte dei conti ha acceso un faro sul dossier evidenziando quanto la burocrazia, a vario titolo, abbia condizionato lo stato di realizzazione degli interventi che, nonostante la disponibilità di tutte le risorse finanziarie nazionali ed europee necessarie (700 milioni, di cui 22,47 derivanti dal Pnrr), dal 2003 hanno visto avviarsi la sola fase progettuale, non ancora conclusa. 

Solo nel 2017, dopo 14 anni dall’avvio della progettazione, l’intervento è stato suddiviso in due lotti con un incremento di 150 milioni di euro sul costo complessivo.

La realizzazione del primo lotto Ripalta-Lesina è prevista per il secondo semestre 2025, quella del lotto Termoli-Ripalta è programmata per il secondo semestre 2028. Come a dire che, fratini permettendo, ci vogliono ancora 6 anni per andare a dama. Intanto la magistratura contabile ha sottolineato la necessità che studi e indagini preliminari siano particolarmente accurati, per ridurre successive revisioni dell’opera, con conseguente aumento dei costi, nonché per evitare che l’allungamento dei tempi di realizzazione renda le opere portate a termine inadeguate rispetto alle esigenze dell’utenza. Il caso della Termoli-Lesina non è purtroppo isolato.

Nell’area delle regioni centrali del Paese si sono accumulati ritardi infrastrutturali pesanti. Il più celebre riguarda il potenziamento della tratta ferroviaria Roma-Pescara sulla quale governi e amministrazioni di vario colore non trovano la quadra da diversi anni. Problemi di ritardi interessano anche la Roma-Teramo, la Roma-Civitavecchia, l’Autostrada A14 Adriatica su vari tratti fino a Bari, la Tirrenica, in particolare nell’alto Lazio e nella Maremma, la A24-25 abruzzese e la E45 Orte-Cesena, con storico ritardo dei cantieri nel manto stradale romagnolo. Cambiare questo stato di cose non appare semplice. 

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Una indagine del Consiglio nazionale degli Ingegneri sulla distribuzione geografica delle risorse infrastrutturali (ferrovie, autostrade e porti) del Pnrr mostra elementi penalizzanti per le Regioni centrali. Sud e Nord viaggiano affiancati con il 43 e il 42% delle risorse assegnate; il Centro invece resta indietro con soltanto il 15% dei fondi totali. Sul piatto, per il Centro Italia, ci sono appena 8 miliardi su 60: una disparità che non si spiega nemmeno in raffronto alla popolazione, che nelle regioni centrali è pari al 20% del totale. La regione del Centro Italia che si trova più in alto in classifica rispetto alle altre della sua macro-area è il Lazio, al settimo posto della classifica generale, con 3,8 miliardi di euro pari al 7% del totale. 

LA DISTRIBUZIONE

Sulla distribuzione delle risorse pesano principalmente due fattori: la decisione del governo di privilegiare in questo momento le opere già programmate e avviate (si pensi all’Alta Velocità ferroviaria), ma pesa anche la partecipazione ai vari bandi nazionali da parte delle amministrazioni locali. E quelle del Centro, evidentemente, non brillano per iniziativa e programmazione. E così all’Umbria finora sono state assegnate solo il 2% (960 milioni) delle risorse, e alle Marche il 3% (1,4 miliardi), mentre la Toscana sfiora i due miliardi (4% delle risorse territorializzate). 

Un’altra chiave di lettura arriva da Luciano D’Alfonso, presidente della Commissione finanze del Senato ed ex governatore della Regione Abruzzo. «A mio avviso», spiega D’Alfonso, «è diventata indiscutibile la necessità che le figure commissariali utilizzino tutti i poteri discrezionali che hanno a disposizione». Uno dei problemi dell’andamento al rilento dei cantieri e delle opere, insomma, sarebbe che i commissari non usano appieno quei poteri che la legge gli affida. «Troppo spesso», prosegue D’Alfonso, «i commissari cercano una copertura legislativa ulteriore sulle loro decisioni. I poteri», sostiene D’Alfonso, «ci sono e vanno usati, e va anche dato un termine per completare le opere agli stessi commissari». 
 

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