Prete abusò di un bimbo, telefonata choc: «Avevo 9 anni, perché?». «Era amore, ti mando dei soldi»

Prete abusò di un bimbo, telefonata choc: «Avevo 9 anni, perché?». «Era amore, ti mando dei soldi»
di Franca Giansoldati
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Giovedì 28 Febbraio 2019, 19:35 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 16:54

Città del Vaticano – Il parroco che dice alla presunta vittima: «Mi dai il tuo Iban? Ti faccio un regalo, ne ho parlato anche con il vescovo che sa tutto». Dall'altro capo del telefono c'è un uomo che ha denunciato un prete di Lecce responsabile di violenze avvenute quando aveva solo 9 anni.

L'uomo chiede con insistenza al sacerdote di spiegargli perché a quella età lo molestasse sessualmente. La risposta è raggelante: «Perchè ci volevamo bene (…) non ti ho fatto nulla di male». L'audio di questa telefonata è stato reso noto dalla Rete L'Abuso sul suo sito.


Nel frattempo il vescovo di Lecce ha diffuso un comunicato: «A seguito della fuorviante interpretazione offerta nei testi di lancio dal sito web che ha ritenuto di pubblicare la registrazione, si rende noto che l'arcivescovo Michele Seccia, informato del caso all'indomani del suo insediamento a Lecce, avvenuto nel dicembre 2017, ha immediatamente adottato nei confronti del sacerdote in questione tutti i provvedimenti cautelativi consentiti dalla normativa ecclesiastica vigente».

Rete L'Abuso ha pubblicato l'audio integrale della conversazione in cui il prete ammette gli abusi e propone di regalare denaro all'uomo, oggi 40enne, e che ha trovato il coraggio di denunciare dopo trent'anni. «Insinuare il sospetto che l'arcivescovo, venuto a conoscenza delle circostanze riferite nella telefonata, abbia anche solo tentato di coprire eventuali abusi, - si difende monsignor Seccia -costituisce una grave distorsione della realtà».

Il vescovo, «nel prendere ancora una volta le distanze da quanto dichiarato da quest'ultimo nel corso del colloquio telefonico captato, si riserva di adire le vie legali contro chi ha osato (o oserà) mettere in dubbio la sua correttezza, sostenuta da iniziative concrete e documentate, e contro chi ha tentato (o tenterà) di offendere il suo nome e quello dell'Istituzione che rappresenta», conclude la nota.


 








 

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