Omicidio Ziliani, le figlie rinchiuse nella stessa cella, il fidanzato Mirto in isolamento. Quei 10 appartamenti che facevano gola

Omicidio Ziliani, le figlie rinchiuse nella stessa cella, il fidanzato Mirto in isolamento. Quei 10 appartamenti che facevano gola
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Sabato 25 Settembre 2021, 19:03 - Ultimo aggiornamento: 26 Settembre, 00:08

Zitte loro, zitto lui: per ora non hanno aperto bocca le due sorelle e il fidanzato arresti per l'omicidio della vigilessa Laura Ziliani, 55 anni, madre di Silvia e Paola Zani,  27 e 19 anni accusate anche dell'occultamento del cadavere della mamma. Da ieri le giovani sono rinchiuse nel carcere femminile bresciano di Verziano. In carcere sono entrate tenendosi per mano, poi sono state separate ma riunite per la notte. Il loro babbo, Enrico, è morto nel 2012 a 52 anni, travolto da una valanga durante un'escursione di sci-alpinismo. Silvia e Paola hanno una sorella affetta da autismo, che era stata sempre seguita dalla mamma. Laura Ziliani amministrava il patrimonio di famiglia costruito dal marito, commercialista, che contava su una decina di appartamenti dati in affitto.      

Gli appartamenti che facevano gola

E' invece in isolamento a Canton Mombello Mirto Milani, fidanzato della maggiore, che aveva una relazione nascosta con la più piccola.

Tutti e tre si sono chiusi nel silenzio, come in silenzio sono rimasti quando i carabinieri venerdì mattina li hanno arrestati. Al parroco di Roncole, il paese bergamasco dove vive, Mirto però aveva parlato quando era stato indagato.

«Mi ha detto che gli inquirenti gli stavano rovinando la vita» racconta don Andrea. Preferiscono non parlare gli abitanti di Temù, paese in Valcamonica dove Laura Ziliani è stata vigilessa e tornava ogni weekend e dove è stata uccisa. Qui, poco più di mille residenti, tutti conoscevano lei e le figlie: le hanno visto crescere e sono sotto shock.

E' il sindaco Giuseppe Pasina a esporsi, come ha fatto più volte nelle scorse settimane: «Io l'ho detto fin dal principio: le due ragazze sono strane, molto chiuse e isolate, pochi amici». Sollevato che ci sia stata una svolta nelle indagini, aggiunge che «tutti in paese sospettavano che fosse una questione di soldi, anche se da fuori non si può mai dire cosa succeda tra le mura di casa».

Ed è proprio il denaro il movente individuato dal Gip di Brescia Alessandra Sabatucci, che nell'ordinanza descrive tre giovani molto interessati agli averi di Laura. Silvia e Paola, rispettivamente impiegata in una Rsa e studentessa di Economia, a 18 giorni dalla scomparsa della mamma si compiacevano del patrimonio che avrebbero ereditato. In un'intercettazione telefonica, la maggiore ha detto alla più piccola: «Novecento euro, troppo figo, soltanto con quelli paghiamo l'anticipo per un'auto nuova e forse ci sta anche una vacanza».

Si riferisce a un affitto da riscuotere, uno dei diversi appartamenti di cui erano comproprietarie con la madre. Intercettazioni che «più di ogni altro elemento, mostravano l'assenza di qualsivoglia turbamento in capo alle sorelle circa le sorti della madre» secondo il giudice che ha firmato gli arresti. Anche Mirto era molto determinato nel gestire gli immobili, tanto che il giorno stesso in cui Laura è sparita, ha fatto venire da Bergamo i genitori per pulire e effettuare alcune riparazioni e, dopo due settimane, ha chiamato gli inquilini per aumentare gli affitti e sollecitare arretrati, cercando di farli depositare sul conto bancario delle sorelle.

La sorella mezzana di Paola e Silvia, disabile, che viveva con la madre a Brescia, l'ultima a vederla prima della partenza per Temù, ha avuto da subito dubbi e agli inquirenti ha detto che le sorelle «litigavano spesso con la mamma per la questione del bed and breakfast».

Anche la nonna materna delle Zani, Marisa, ha riferito agli inquirenti di un litigio che Laura e Mirto avevano avuto a proposito del costo di una ristrutturazione . «Mia figlia era basita che lui si interessasse a quelle cose che non lo riguardavano. Quei tre ragazzi erano troppo attaccati ai soldi».

Milani viene indicato come il manipolatore delle sorelle, «che non riuscendo per motivi caratteriali a contrastare la volontà materna, hanno preferito sopprimere la genitrice - scrive il Gip - piuttosto che dissentire apertamente con lei circa la gestione del cospicuo patrimonio familiare».

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