Uccisero le mogli e il figlio malati, il presidente Mattarella grazia tre ottantenni

Da sinistra Franco Dri e Giancarlo Vergelli
di Valentina Errante
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Venerdì 15 Febbraio 2019, 01:53 - Ultimo aggiornamento: 20:33

«Pietà e comprensione». È passato poco più di un anno da quando Annalisa Morello, la moglie di Franco Dri, si era rivolta al presidente della Repubblica, perché concedesse la grazia a suo marito: l’uomo che con un colpo di pistola aveva ucciso Federico, quel figlio di 47 anni che oramai non riconoscevano più, violento e perduto in quel mondo dove l’eroina l’aveva reso prigioniero. Oltre mille firme in calce alla petizione. E ieri il capo dello Stato ha avuto pietà. Ha avuto pietà anche di Giancarlo Vergelli e Vitangelo Bini, la grazia è arrivata pure per loro: quei due uomini che alla soglia dei novantanni hanno interrotto con un omicidio la sofferenza delle donne che amavano, non dovranno scontare il carcere. Entrambe erano malate di Alzheimer. Tutti e tre hanno già scontato una pena troppo alta. Le motivazioni del Quirinale hanno il linguaggio della burocrazia, l’ufficialità dei pareri favorevoli da parte dei giudici competenti. Ma certo, nessuno di questi tre casi creerà polemiche. Anche le Corti d’Assise avevano concesso tutte le attenuanti agli imputati.

Il dramma della famiglia Dri del piccolo comune di Fiume Veneto in provincia di Pordenone, non era cominciato nel gennaio 2015, quando papà Franco, 73 anni, al culmine dell’ennesima lite, aveva sparato a Federico. Un solo colpo di pistola, dritto al petto. Da trent’anni il dramma di quel figlio che i genitori avevano tentato di ”guarire” con ogni strumento dalla malattia che si chiama eroina aveva interrotto le loro vite. Neppure San Patrignano aveva funzionato. Federico era stato cacciato. L’anziano, non in perfetto stato di salute, era stato condannato in appello a una pena di oltre sei anni, che ha già in parte scontato. I cittadini di Fiume Veneto avevano avviato una petizione, la moglie e l’altro figlio di Dri avevano chiesto con una lettera che fosse concessa la grazia. 

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Giancarlo Vergelli, invece, ha 88 anni, è stato condannato a febbraio di tre anni fa dalla corte d’appello di Firenze: sette anni e 8 mesi per aver ucciso la moglie ottantottenne malata di Alzheimer. Nella loro casa di borgo Pinti a Firenze, il 22 marzo 2014, Vergelli l’aveva strangolata con una sciarpa, poi si era presentato in commissariato: «Non ce la faccio più». Tra le lacrime aveva raccontato la sua storia e il dolore nel vederla ogni giorno più assente. 

LA MALATTIA
Per Vitangelo Bini il dramma era stato lo stesso. Oggi ha 89 anni, la Cassazione ha confermato a giugno la pena a sei anni e sei mesi per l’omicidio della sua Mara, anche lei era malata di Alzheimer. Per anni le era stato accanto, l’aveva curata e assistita. Poi le condizione di quella donna con la quale aveva trascorso la vita intera erano diventate insostenibili ed era stato necessario ricoverarla in una struttura sanitaria a Prato. Ogni giorno era peggio e così Bini aveva deciso: aveva preso una pistola dalla sua collezione di armi e si era presentato al reparto di degenza e per tre volte aveva premuto il grilletto.

LE MOTIVAZIONI
È l’articolo 11 della Costituzione a conferire al presidente della Repubblica il potere di concedere la grazia. E ieri Mattarella ha firmato i tre decreti, con la pietà che gli era stata richiesta. «Nel valutare le domande di grazia, in ordine alle quali il ministro della Giustizia, a conclusione della prevista istruttoria ha formulato avviso non ostativo - si legge nella nota del Quirinale - il Presidente della Repubblica ha tenuto conto dell’età avanzata dei condannati e delle precarie condizioni di salute dei medesimi, dei pareri favorevoli espressi dalle autorità giudiziarie nonché delle eccezionali circostanze in cui sono maturati i delitti, evidenziate nelle sentenze di condanna». Il comunicato ricorda anche l’età dei beneficiari dell’atto di clemenza: «Franco Antonio Dri, nato nel 1941, di Giancarlo Vergelli, nato nel 1931, e di Vitangelo Bini, nato nel 1930. Gli atti di clemenza individuale hanno riguardato il residuo della pena della reclusione ancora da espiare (circa tre anni e sei mesi per Dri, cinque anni e sei mesi per Vergelli e cinque anni e otto mesi per Bini)». 

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