Matilda, uccisa a 23 mesi. Il pg: «Assolvete l'imputato»

Omicidio Matilda, il Procuratore Generale: «È una sconfitta, ma non possiamo condannare Cangialosi»
3 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Novembre 2018, 15:30 - Ultimo aggiornamento: 20:09
Oggi Matilda avrebbe quindici anni. Era una bimba di 23 mesi quando, a Roasio (Vercelli), il 2 luglio 2005, fu uccisa da un colpo alla schiena troppo violento per il suo corpicino. E la sua morte, dopo tredici anni e un intricato labirinto di sentenze e di ricorsi, sembra sul punto di entrare nell'archivio dei casi insoluti. In casa con Matilda erano in due: la mamma, Elena Romani, e l'allora compagno della donna, Antonino Cangialosi. Ma il nome del colpevole potrebbe restare un mistero. Elena fu assolta in via definitiva nel 2012; e per Cangialosi, processato a Torino dalla Corte d'Assise d'appello, oggi il pg Marcello Tatangelo ha, di fatto, proposto l'assoluzione. «Una sconfitta personale per tutti noi e per tutto il sistema giudiziario ma non ci sono altre strade», ha detto il magistrato.

Tatangelo, sostituto procuratore generale nel capoluogo piemontese dopo essere stato a lungo pubblico ministero a
Milano, si è occupato della vicenda solo nelle ultime settimane, dal momento in cui il fascicolo Cangialosi è approdato al secondo grado di giudizio. In aula, oggi, ha detto che l'imponente mole di carte processuali non permette di raggiungere certezze assolute. «Abbiamo sentenze - ha spiegato - in cui giudici di Vercelli, Novara e Torino danno interpretazioni drammaticamente differenti degli elementi di prova. Testimonianze, carte e perizie vengono lette, a seconda dei casi, in favore di una tesi o dell'altra. La verità è che quasi tutti gli indizi sono neutri dal punto di vista probatorio. E che non abbiamo alcuna certezza su chi sia stato».

«Io - ha proseguito il pg rivolgendosi direttamente alla Corte - un'idea me la sono fatta. Ma è solo un'idea, che non condivido con voi perché sarebbe inutile e sbagliato. Se fossi in voi, non condannerei Cangialosi. E se fossi stato nei giudici della Romani non avrei condannato neppure lei».

Matilda, percossa una sola volta alla schiena, morì per una emorragia provocata dalle lesioni al fegato e ai reni. A
colpirla, evidentemente, fu uno dei due adulti. Elena, che aveva avuto Matilda da una relazione precedente, si era da poco legata a Cangialosi. La vita di coppia funzionava, anche se la bimba manifestava segni di insofferenza e scontentezza in presenza dell'uomo. È a questo punto che i processi si aggrovigliano in scenari contraddittori e poco convincenti. Elena voleva lasciare Antonino o aveva paura del contrario? «Una sentenza - ricorda Tatangelo - dice che l'uomo picchiò la bambina per impedirle di raggiungere la mamma in giardino, cosa che avrebbe dimostrato la sua inadeguatezza come figura paterna. Ma come si può affermare una cosa del genere? Secondo me fu un banale gesto di stizza dalle conseguenze terribili. Nessuno voleva uccidere Matilda. Ma su chi sia stato, le carte non ce lo fanno sapere».

Il processo continua a dicembre.
Uscendo dall'aula, Elena era in lacrime. 


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA