Omicidio di Manuela Bailo, chiesto il rinvio a giudizio per l'amante: «Pasini ha premeditato tutto»

Omicidio di Manuela Bailo, chiesto il rinvio a giudizio per l'amante: «Pasini ha premeditato tutto»
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Martedì 28 Maggio 2019, 20:23
MILANO Lo scorso 29 luglio Fabrizio Pasini, 48 anni, una moglie e due figli, era pronto a partire con la famiglia per le vacanze estive, ad Alghero. Prima però doveva risolvere un problema: eliminare per sempre Manuela Bailo, 35 anni, collega diventata prima amante e poi presenza ingestibile nella sua vita. Così l’ha uccisa sgozzandola, è l’accusa del sostituto procuratore Francesco Carlo Milanesi, che dopo aver chiuso l’inchiesta ora chiede il rinvio a giudizio per l’ex sindacalista della Uil, in carcere dal 20 agosto 2018 per omicidio aggravato dalla premeditazione e occultamento di cadavere.

ATTIRATA IN TRAPPOLA
Secondo la procura Pasini avrebbe «predisposto per l’esecuzione dell’omicidio i locali dell’abitazione di famiglia», quella della madre di lui, assente perché in vacanza, «collocandovi stracci e altri strumenti destinati alla cancellazione delle tracce di sangue». E questa, per i magistrati, è la prova della premeditazione, oltre al fatto che si sarebbe «assicurato dei tempi di permanenza delle altre persone presenti nella palazzina». La difesa nei giorni scorsi ha depositato in procura una memoria e un canovaccio - uguale a quello trovato sul corpo di Manuela Bailo nella fossa dei liquami - per smontare l’ipotesi del piano organizzato, ma per gli inquirenti l’accusa non cambia. L’ex sindacalista, sostengono, ha pianificato l’omicidio per liberarsi di Manuela. Che, sempre più innamorata, voleva dividere la sua vita con lui e le vacanze erano sempre fonte di tensione e litigi furibondi. Così l’uomo, stando alla ricostruzione degli investigatori, ha attirato l’amante in trappola con il pretesto di stare insieme il fine settimana prima della sua partenza. Era sabato 29 luglio e la casa della madre di lui il luogo prescelto per il massacro, nel quale avrebbe portato stracci per ripulire il bagno della taverna. Manuela quel sabato è stata inquadrata dalle telecamere dell’abitazione che divideva a Nave con l’ex fidanzato mentre piange e infila abiti in una borsa da weekend. Del programma non informa nessuno, finge di andare al lago. Invece è con Pasini, la coppia dopo un aperitivo si sposta nella casa della mamma di lui e Manuela non ne uscirà viva. L’omicidio viene collocato tra le 4 e le 6. L’amante «la colpiva violentemente alla testa per provocarne lo stato di incoscienza, subito dopo la feriva al collo con un’arma bianca provocando la sezione completa dell’arteria carotide comune destra così determinando il decesso a seguito di shock emorragico massivo e repentino», scrive il pm.

«È CADUTA E HA PICCHIATO LA TESTA»
Pasini, spiega la procura, occulta il cadavere nel bagno della taverna, quindi lo ricopre con stracci, lo avvolge in sacchi di plastica e lo trasporta ad Azzanello, nella vasca dei liquami nascosta da vegetazione e lastre di metallo. «Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di assicurarsi l’impunità».
L’ex sindacalista ha sempre negato l’omicidio: «Stavamo litigando, l’ho spinta dalle scale e lei ha picchiato la testa. Ma non le ho tagliato la gola». Per l’avvocato Pierpaolo Pettenadu non c’è la prova: «La zona tra collo e gola è scarnificata. Serve un esame anatomopatologico che non è mai stato fatto. L’arma del delitto inoltre non mai è stata trovata». Il difensore sostiene che «nulla è stato organizzato. L’asciugamano rinvenuto sul corpo fa parte di un set da tre riconosciuti dalla madre del mio assistito. L’ha preso in casa per tamponare il sangue di cui non sopportava la vista».
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