La certezza la daranno solo altri esami anatomopatologici, ma l'ipotesi che si fa strada dopo l'autopsia è che fosse già morta al momento del parto la bambina trovata venerdì sera adagiata nell'anfratto di un cassonetto della Caritas in via Botticelli, in zona città studi a Milano. Da un primo risultato dei medici legali sembra infatti che non abbia emesso neanche il primo respiro, e non presentava evidenti segni di violenza. La madre, che ora probabilmente è in condizioni fisiche critiche, ed eventualmente chi era con lei, forse presa dal panico ha deciso di mettere il corpo nel cassonetto ma in modo che fosse visibile, tanto che è stato un pensionato, nella serata di venerdì, a trovarlo e a dare l'allarme. Ha chiamato il 112 e i soccorritori si sono dovuti arrendere all'evidenza della morte; così come gli agenti della Questura che sono intervenuti con la Scientifica, transennando la zona per fare i rilievi, mentre venivano acquisite le immagini delle telecamere di sorveglianza degli edifici della zona e dei mezzi pubblici.
Le indagini
Contemporanemente veniva diramato un avviso a tutto gli ospedali per verificare se una donna si fosse presentata per essere curata dopo un parto e ora potrebbe avere la vita in pericolo, se non assistita.
Le reazioni
La presidente di Anfaa Lombardia (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) Donata Nova Micucci in una «lettera aperta alle gestanti in difficoltà» riflette sul fatto che «quando avvengono questi ritrovamenti di neonati fortunatamente vivi, oppure, talvolta, ormai senza vita, gettati nei cassonetti o nei bagni pubblici, si solleva nell'opinione pubblica un'ondata di condanna; pochi, però, si interrogano sui motivi che hanno determinato la condotta degli autori di questo atto; pochi pensano alla solitudine in cui le partorienti vengono lasciate in momenti così drammatici della loro vita e al dolore che accompagna questo loro gesto così disperato». L'Anfaa ricorda che le donne in difficoltà hanno «diritto a partorire in assoluta segretezza negli ospedali e nelle strutture sanitarie, garantendo, in tal modo, a se stesse e al neonato, la necessaria assistenza e le opportune cure». Federvita Lombardia ricorda che i propri Centri di aiuto alla vita, le Case di Accoglienza, SOS Vita e Progetto Gemma «da anni si affiancano alle donne in difficoltà per una gravidanza inattesa per aiutarle ad affrontare ostacoli che, nella solitudine, sembrano insormontabili».
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