Negozio chiuso dopo Capodanno: «Manca personale con voglia di lavorare». E scoppia la polemica

Bufera per il cartello comparso nei giorni scorsi sulle vetrine del negozio di Valvasone Arzene

Negozio chiuso dopo Capodanno: «Manca personale con voglia di lavorare». E scoppia la polemica
di Chiara Muzzin
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Martedì 3 Gennaio 2023, 14:30 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 14:51

VALVASONE - Sta suscitando clamore a livello addirittura nazionale il caso della chiusura dello spaccio Cospalat di Valvasone Arzene. Da ieri, stando al cartello comparso nei giorni scorsi sulle vetrine del negozio, l'attività è sospesa «per mancanza di personale che abbia un minimo di voglia di lavorare». Un annuncio forte che è stato fotografato e condiviso sui social, diventando presto virale. E divisivo. C'è chi è d'accordo e ritiene che il cartello «esprima la realtà di oggi» e che «giovani senza nessuna competenza trovano qualsiasi salario troppo basso o non sono disposti a lavorare nei giorni festivi e pre festivi».

Manca davvero la voglia di lavorare?


Ma a prevalere è lo sdegno. Per Cristiano Pizzo, segretario regionale della Cisl, «siamo alla sagra del populismo spicciolo. La comunicazione contenuta nel cartello sembra uno sfogo personale, più che un annuncio serio». «Bisognerebbe approfondire la situazione - continua Pizzo - capire come vengono trattati i lavoratori, se vengono pagati come previsto dalle normative dei contratti e com'è il clima aziendale. Non siamo in una zona dove non si trova lavoro, ma dove non si trovano lavoratori, e non perché le persone non hanno voglia di lavorare». «Non conosco il caso specifico precisa il segretario, ma quando mi è capitato di affrontarne di simili, anche al di fuori del territorio pordenonese, alla fine erano emerse delle violazioni o delle irregolarità nei confronti dei lavoratori». «Chi ha esposto il cartello farebbe bene a ritirarlo immediatamente» conclude Pizzo. «Come ha detto qualcuno prima di me, stiamo confondendo il diritto a parlare con la scelta di parlare a vanvera».

Aumentare i salari, minacciati dall'inflazione e garantire percorsi di formazione e di ricollocazione dei lavoratori

Anche Flavio Vallan, segretario generale della Cgil del Friuli occidentale, non conosce il caso di Valvasone nello specifico, ma ritiene che «parlare sostanzialmente di fannulloni è una semplificazione abbastanza sciocca. Se le persone fossero pagate di più e se i percorsi professionali fossero organizzati in modo diverso, certe situazioni probabilmente non si creerebbero».

Per Vallan, in un caso come questo «una scelta seria potrebbe essere stata, ad esempio, quella di parlare apertamente dei problemi legati al reperimento della manodopera chiedendo ad associazioni e sindacati, alla Regione, o in generale a chi ha la titolarità di farsi carico di queste problematiche, un incontro». Il segretario ribadisce la necessità di «aumentare i salari, minacciati dall'inflazione e garantire percorsi di formazione e di ricollocazione dei lavoratori».


Cosa ha detto il sindaco di Valvasone?


Il sindaco di Valvasone Arzene Markus Maurmair dichiara che «quello che c'è scritto nel cartello è poco rispettoso anche nei confronti delle persone che hanno lavorato nello spaccio fino a sabato, peraltro al freddo. Dipendenti che non so se siano state spostate da qualche altra parte».
Intanto, «a una decina di metri dal negozio Cospalat» continua il sindaco, che dichiara di voler rispondere ad una provocazione con un'altra provocazione «aprirà un mini market che venderà generi simili a quelli dello spaccio, dove c'era la vecchia ferramenta». Maurmair auspica che «il consigliere della Cospalat possa ricondurre l'episodio ad un'esternazione di un momento e che si possa riaprire l'attività».


Cosa dicono gli ex dipendenti


Proprio da parte di alcune ex dipendenti sono arrivate, nelle scorse ore, parole inaspettate nei confronti del sindaco: «Nulla da recriminare in fatto di stipendi o temperature dei locali. Esprimiamo rabbia per il poco senso di responsabilità e per certi modi di agire che abbiamo visto in più occasioni nel corso degli anni. Alcune di noi hanno dovuto sobbarcarsi, con non pochi sacrifici, il funzionamento del punto vendita del Suo comune andando a creare non pochi disagi organizzativi negli altri nostri negozi. Se qualcuno si è sentito chiamato in causa evidentemente la coda di paglia ce l'ha». «È curioso rilevare - proseguono - come un amministratore piuttosto che valutare in modo serio la questione confrontandosi e informandosi si lasci andare ad esternazioni non degne del ruolo che ricopre e figlie del sentito dire. Compito di un amministratore sarebbe quello di esprimere preoccupazione e solidarietà per la chiusura di un'attività che va ad impoverire il proprio territorio comunale e non quello di dar adito ad insinuazioni da quattro soldi. La concorrenza è una cosa sana che non ci ha mai spaventato anzi ci ha sempre stimolato a far meglio», concludono le dipendenti. Una precisa che «da addetta in forza alla Cospalat da diversi anni, non mi sono minimamente sentita presa in causa da quanto scritto nel cartello».

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